Il Blog di Incontrare Gesù

Articoli di attualità, esperienze personali e meditazioni su argomenti etici morali, sulla fede cristiana e sulla religione in generale.

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Un mandriano di buoi africano

La storia vera di Mohammed. 

Questa storia è vissuta in Nigeria, a Zaria, un villaggio di etnia Fulani, popolo di pastori e allevatori nomadi. Ad essi si attribuisce l’introduzione e la diffusione dell’Islam nell'Africa occidentale. Tuttavia, insieme all’Islam convivono in quelle terre altre pratiche come l’animismo, lo spiritismo e la stregoneria.

Mohammed racconta la sua storia. 
Secondo l’usanza del mio popolo (i Fulani), dato che ero il più giovane della famiglia, dovevo essere il primo ad alzarmi presto la mattina per svolgere i miei lavori quotidiani: mungevo le mucche, scioglievo i vitellini, perché andassero dalle loro mamme, poi le portavo al pascolo. 

Io amavo moltissimo mio padre e mi piaceva fare tutto quello che lui faceva, perfino quando pregava io pregavo insieme a lui. 
Ero determinato a compiacere mio padre e Dio. 
Questa determinazione cresceva man mano che diventavo grande. 
Intorno ai 14 o 15 anni d’età, feci una richiesta a mio padre, quella di ricevere una buona istruzione, desideravo frequentare una scuola araba per imparare il Corano. 

A mio padre piacque la mia richiesta e mi mandò nella città di Bauchi, dove frequentai la scuola di un certo Sheik Ibreim. 
Per tre anni studiai i principi fondamentali e gli aspetti pratici della religione islamica. 
Poi mi trasferii nella città di Gombe, dove passai due anni approfondendo gli studi sull'Islam per imparare a interpretare il Corano. 

Poi trascorsi altri due anni a Maiduguri, dove continuai i miei studi sul Corano. 
Quando arrivai a Zaria, ero in grado di leggere e scrivere l’Arabo.  
Mi fermai un anno a Zaria per seguire altri studi approfonditi sul Corano (a quel tempo avevo 22 anni). 
Quindi iniziai a cercare un modo per andare in Arabia Saudita perché desideravo seguire gli studi di 
livello avanzato. 

Fu allora che mio padre mi mandò a chiamare.  
Mio padre mi disse che era meglio che restassi a casa, mentre cercavano le finanze per mandarmi a studiare in Arabia Saudita.  
Mi disse anche che sarebbe stato opportuno che mi sposassi prima di partire per un altro paese. 
Rimasi a casa per un anno e ripresi a fare il mandriano.  
Diventai anche la guida spirituale e insegnante della mia comunità.

Un giorno, dopo aver portato il bestiame al pascolo e recitato le preghiere della sera, mentre eravamo seduti a tavola per la cena, mio padre manifestò la preoccupazione per il fatto che non ero ancora sposato. 
Ma io sentivo che la cosa più giusta per me era quella di andare in Arabia Saudita per completare i miei studi islamici prima ancora di sposarmi. 
Dissi a mio padre che volevo conoscere Allah più profondamente: questo era il desiderio del mio
cuore.  
Mio padre rispose: “Non posso certo biasimarti per questa decisione, ma l’Arabia Saudita è molto lontana e tua madre ha paura di non vederti più tornare. Comunque ne riparliamo domani”.

Andai a dormire e quella notte ebbi un incubo: sognai che alcuni individui vestiti di nero mi assalivano, mi inseguivano e mi tormentavano. 
Mi svegliai gridando aiuto. 
Dopo aver fatto quel sogno non riuscii più a dormire quella notte, rimasi seduto sul letto fino al sorgere del sole. 
Pensai di parlare del sogno a mio padre, ma poi lasciai perdere. 
Quella mattina non volli andare da nessuna parte e rimasi a casa. 
 La giornata trascorse e, dopo le preghiere della sera, ci sedemmo per cenare e parlare come facevamo di solito. Dopo ciascuno andò a letto.

Non appena mi addormentai feci di nuovo un sogno: uomini incappucciati mi assalivano, ma all'improvviso una grande luce sfolgorò e quegli uomini fuggirono.
Poi un uomo vestito di bianco venne da me (da lui proveniva quella luce). 
Io ero a terra e l’uomo splendente mi porse la sua mano e mi rialzò. 
Poi mi domandò: “Figlio mio, cosa fai qui?”. 
Risposi: “Non lo so”. Mi domandò ancora: “Vuoi che ti porti a casa?”. Risposi  di  si. 
E così l’uomo vestito di bianco mi accompagnò nel cammino verso casa.  

Prima  di svegliarmi sentii la sua voce  che mi diceva: “Ti amo, figlio mio!”. 
Poi mi svegliai tutto spaventato e sudato, così come era avvenuto per il primo sogno. 
Mi chiedevo chi poteva essere l’uomo vestito di bianco, perché mi aveva soccorso, e perché mi aveva detto quelle parole!? 
Decisi di parlare con mio padre del sogno. 
Quando glielo raccontai la sua reazione fu immediata: “Preparati", mi  disse, "andiamo  dal  dottore  locale” (in  realtà  era  uno stregone). 

Giunti sul posto, lo stregone eseguì un rituale recitando qualche frase, ponendo sulla mia fronte un’oggetto e facendolo girare sulla fronte stessa. 
Poi disse a mio padre: “Tuo figlio è sotto l’influsso di un maleficio delle streghe. Hai fatto bene a portarlo qui altrimenti entro due giorni sarebbe morto”. 
Continuò dicendo: “Adesso ci penso io. Vedi questo?", disse, mostrandogli qualcosa, “strofinalo sulla sua testa prima di andare a letto, poi macina questo e usalo come incenso da mettere di notte nella sua camera. Se piace agli dei, questo terrà lontano i sogni e tuo figlio non ne farà più”. 

Tornammo a casa e poi, quando fu il momento, andai a dormire e tornai a sognare. 
Mi svegliai di soprassalto e andai subito da mio padre a raccontargli quello che mi era successo. 
Gli narrai il sogno dicendogli che stavo per cadere in un grande fosso e degli spiriti maligni si erano avvicinati a me. 
Uno di loro aveva lunghi denti affilati e artigli; mi disse di saltare oltre il fosso altrimenti un leone mi avrebbe ucciso. 
Stavo per saltare oltre il fosso quando è apparso un uomo vestito di bianco.

Allora, mio padre mi domandò: “Un uomo vestito di bianco?. 
“Si", risposi, “lo stesso che mi aiutò nell'altro sogno”. 
“In che modo ti ha aiutato?”, domandò ancora.
“Mi ha chiesto se volevo ritornare a casa e gli ho detto di si”, risposi, “poi mi ha chiesto se volessi il suo aiuto e gli ho detto si, poi ha allungato la sua gamba verso il fosso e il buco si è chiuso completamente. 
Mi ha riportato a casa e mi ha detto che mi amava. Poi è andato via". 

A questo punto mio padre mi domandò: “E gli spiriti maligni?”. 
Risposi: “Quando lo hanno visto sono spariti”. 
Mio padre mi disse: “Torna a dormire adesso, il sogno è finito”. 
“Ma io ho ancora paura, papà!", gli dissi. 
E mio padre: “Perché hai paura di un sogno, figlio mio?”. 
“Papà, non era solo un sogno!”, risposi. 
“Continua a usare la pozione dello stregone", disse mio padre, "e se il sogno si ripresenta, domani andremo da un altro stregone. Va bene? Adesso vai a letto”. 

La notte seguente ebbi un altro sogno, e per sei notti di fila continuai a fare strani sogni.
L’uomo vestito di bianche vesti splendenti era sempre lì presente a difendermi da ogni attacco
degli spiriti maligni. 
Alla fine di ogni sogno mi parlava dicendo: “Ti amo, figlio mio! Ti amo, figlio mio, ti amo!”. 
Fu allora che riconobbi l’uomo del sogno: era il profeta Isa, colui che i cristiani chiamano Gesù Cristo. 
 
Dopo di ciò ebbi l’ultimo sogno definitivo: Camminavo, poi andai a sedermi per terra con le spalle poggiate al fusto di un albero. 
Presi da terra un libro, lo sfogliai e poi lo riposai per terra. 
Poi presi un altro libro da terra, più spesso del primo e cominciai a sfogliarlo. 
In quel momento si avvicinò l’uomo vestito di bianco splendente, il quale mi domandò: “Cosa stai leggendo, figlio mio?”. 
“Non lo so", risposi, "non  riesco  a  capirlo”. 
“Vuoi  che  ti  aiuti?”, mi  domandò. “Si, volentieri”, risposi. 
“Mohammed", mi disse, "questo libro è da parte di Dio, esso contiene l’autentica Parola di Dio, tutti questi versetti sono la Parola di Dio”. 

Continuò dicendo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi ed aggravati, ed io vi darò riposo. 
Prendete il mio giogo su di voi e imparate da me, perché io sono mansueto ed umile di cuore, e in me troverete riposo”. 
“Hai mai sentito parlare della Via, la Verità e la Vita?”. 
“No, mai!”, risposi. A questo punto lui mi disse: “Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno può venire al Padre se non per mezzo di me”. 
Gli domandai: “Chi sei tu?”. “Tu mi conosci come il profeta Isa", rispose.  
Sono venuto per darti la Vita eterna, se mi accetti come tuo Signore e Salvatore, diventerai  un figlio di Dio”. 

Gli domandai: “Dio ha dei figli?”. 
“I figli di Dio sono nati dal suo Spirito", mi disse, "non dalla carne. Credi tu in Dio?”. 
“Si", risposi, "io credo in Dio!”. “Credi anche in me!", mi disse, "in questo mondo avrai tribolazioni, ma fatti animo, io ho vinto il mondo. Vuoi ricevermi nella tua vita?”. 
“Si", risposi, "voglio riceverti”. 
Allora, Gesù mi tese la mano e afferrò la mia mano rialzandomi da terra. 
Qui terminò il sogno. 

Quella mattina decisi di fare visita a Jonathan, un cristiano del villaggio vicino: volevo condividere le mie preoccupazioni con lui perché sapevo che era una brava persona e sentivo che potevo fidarmi di  lui. 
Jonathan ascoltò tutto quello che avevo da dirgli, poi mi fece incontrare con un Pastore il quale, quando mi vide, mi chiese di raccontargli i sogni. 
E così gli dissi che avevo fatto dei sogni terrificanti, nei quali c’erano delle persone vestite di nero che
mi tormentavano, ma in un sogno avevo visto un uomo vestito di bianco che si avvicinava a me, dicendomi di essere il profeta Isa. 
Costui mi ha detto anche che è la Via e che non c’è nessun altra via all'infuori di lui. 
Poi mi ha chiesto di accettarlo nella mia vita”. 

Il Pastore, dopo aver udito il racconto dei miei sogni, mi disse: “Vuoi accettare l’invito che ti è stato fatto nel sogno e mettere la tua fede in Lui?”. 
Risposi di si con un cenno del capo. 
“Allora lascia che ti guidi in una preghiera, per aiutarti a trovare pace, ripeti dopo di me: Io Mohammed, ricevo Isa come mio Signore e Salvatore!”. 

Così accettai Gesù Cristo come mio Signore e Salvatore, chiedendo perdono a Dio per tutti i miei peccati. 
Quando finita la preghiera, aprii gli occhi, sentii una pace e una gioia mai provate prima. 
Tutte le mie paure e ansietà erano andate via, erano rimaste solo pace e gioia. 
Subito sentii lo Spirito di Dio che mi spingeva a tornare a casa per raccontare alla mia famiglia del dono della grazia di Dio che avevo ricevuto e ciò che era accaduto nella mia vita. 

Quando mio padre udì la mia testimonianza e la mia scelta di seguire Cristo, disse: “Che cosa? Forse sto sognando! Mio figlio è diventato cristiano? Il mio figliolo musulmano è diventato un infedele? Qualcuno mi svegli, non lo permetterò!”. 
Una settimana dopo mio padre mi chiamò in giudizio per scoprire cosa fosse successo. 
Si era accorto che leggevo la Bibbia e che non frequentavo più la moschea. 
Mi disse: “È la prima volta che nella nostra famiglia accade una cosa come questa e non deve succedere
mai più! Ti do due possibilità: o rinneghi Gesù o lasci questa casa per sempre”. 

Gli risposi: “Tu sei mio padre, io ti voglio bene e ti onoro, e non vorrei mai fare qualcosa che possa
ferirti, ma continuerò a seguire quella che so di essere la verità. 
Continuerò a essere cristiano finché Gesù mi mostri dove andare”. 
Quando mio padre mi vide determinato nella mia decisione, incitò tutti i miei parenti ad escludermi e a  trattarmi come un cane randagio. 

Passarono molti mesi e un giorno trovai davanti alla porta di casa mia mio padre e con lui c'erano tante altre persone che si erano radunate proprio per me, e uno di loro versò del veleno in una scodella. 
Poi mio padre mi ordinò di bere. 
Io gli domandai: “Padre, vuoi veramente che io beva questo veleno?”. 
“Zitto e bevi!”, fu la sua risposta. 
“Posso chiederti un  favore?”, domandai. 
“Che tipo di favore?”, mi  domandò.  
“Permettimi di fare una preghiera", dissi. 
“No!”, rispose, mentre qualcuno intorno rideva. 
Poi ci ripensò e mi disse: “Va bene, fa pure la tua preghiera”. 

Allora, sollevai in alto la scodella e dissi: “Profeta Isa, tu sai che sto bevendo questo veleno a causa tua; la mia vita è nelle tue mani”. 
Quindi bevvi interamente quella bevanda. 
Poi mio padre mi disse: “Vai a distenderti nel tuo letto”. 
Mio padre e i miei parenti, dopo essersi consultati, avevano deciso che una volta morto, avrebbero gettato il mio corpo nel fiume. 
Stavano tutti fuori in attesa di vedere la mia morte. 

Così entrai dentro e mi addormentai, ma non mi accadde nulla. 
Più tardi mi alzai con una forte nausea, uscii fuori e vomitai, poi tornai nella mia camera e mi  addormentai profondamente. 
Non mi accadde nulla. La mattina seguente fui il primo a salutare mio padre. 
Lui fu molto rattristato per il fatto che non ero morto. 
Immediatamente scrisse un verbale all'autorità islamica incitandola ad arrestare la persona che mi  aveva influenzato a diventare cristiano. 

Il giudice superiore stabilì il verdetto: dovevo essere giustiziato con un colpo di pistola. 
Quella notte stessa mio padre riunì tutti i parenti dicendo loro che io dovevo essere mandato via il mattino seguente; però voleva essere sicuro di una cosa: che quando io me ne sarei andato, dovevo essere seguito, poi fermato e ucciso. 

La mattina seguente mio padre mi chiamò e mi disse: “Vai a vivere dove vuoi e con chi vuoi, ma non tornare mai più a vivere qui con noi”. 
Mi girai per andarmene, ma dopo un attimo mio padre mi disse: “Dammi i pantaloni e le scarpe!”. 
Ubbidii e me ne andai. 
Non feci molta strada quando all'improvviso fui colpito da una freccia avvelenata. 
Caddi a terra contorcendomi dal dolore. 
Il dolore era così forte che stavo per svenire. 
Sapevo che dovevo togliere quella freccia dal mio fianco e che se non l’avessi tirata fuori completamente sarei morto. 

Quando riuscii a rimuoverla iniziai a perdere molto sangue dalla ferita. 
Allora Dio mandò in mio aiuto un cacciatore del villaggio di Jonathan che stava andando a caccia proprio dalle parti di casa mia. 
Costui aveva sentito parlare di me e delle persecuzioni che avevo dovuto sopportare. 
Quindi, mi prese e mi trascinò sulla strada principale, dove subito dopo dopo passò un automobilista, il quale mi portò presso un costoso ospedale della zona, e lì subito fui operato. 

La comunità cristiana del villaggio di Jonathan pagò tutte le spese dell’ospedale e rimasi lì per un mese di convalescenza. 
Dopo andai a vivere nel villaggio di Jonathan, dove rimasi per un anno e mezzo. 
Quando mio padre scoprì dove mi trovavo, lo comunicò alla corte di giustizia islamica. 
Mi presero e così passai sei mesi in prigione, poi fui mandato a casa con una scorta della polizia. 

Appena arrivai al villaggio, mio padre radunò tutti i paesani e li incoraggiò ad essere
gentili con me e a trattarmi bene, in modo da farmi dimenticare la mia fede cristiana, inoltre,
come ricompensa, se avessi rinunciato a Cristo, promise di restituirmi le mie mandrie e di
pagare la dote per tre mogli. 
Promise pure che avrebbe gettato il passato alle spalle. 

Così per sette mesi ripresi a fare il mandriano. 
I miei parenti pensavano che le cose erano tornate alla normalità, ma io sapevo che la mia fede stava morendo lentamente. 
Mi resi conto che mio padre e i miei parenti stavano cercando di allontanarmi dal mio Dio e che dovevo prendere una decisione ferma. 

Un giorno mio padre mi disse: “Vorrei parlarti della donna che sposerai, ho finito tutti i preparativi”. Risposi: “Padre, voglio ringraziarti per tutto quello che stai facendo per me, ma ciò di cui ho bisogno va al di là di una sistemazione e di una moglie”. 
Lui mi domandò: “Qual è questo bisogno, figlio mio?”. 
“Padre", risposi, "il mio è un bisogno che solo Gesù può soddisfare”. 
“Dimmi, cosa ti può dare Gesù che io non posso darti?”. 
“Padre, tu puoi darmi la vita eterna?”. 
Al che mi rispose: “No, non posso”. 
"Allora", gli dissi, “se tu non puoi darmi la vita eterna, io non posso lasciare Gesù”. 

Così andai via di casa e andai a vivere per tre anni a Jos. 
Non rimasi in contatto con nessuno dei miei familiari durante quel periodo. 
Un giorno ricevetti un messaggio da casa: mio padre era in ospedale e voleva vedermi. 
Andai a trovarlo e mi sedetti accanto al suo letto, aveva gli occhi chiusi, lo toccai dicendo: “Padre!”. 
“Figlio mio!”, fu la sua risposta. 
Gli domandai: “Mi hai mandato a chiamare?”. 
Senza indugi mi disse: “Perdonami, figlio mio!”
“Perdonarti?”, domandai meravigliato. 
“Ti ho maltrattato ingiustamente e tu non hai mai detto una sola parola”. 
“Papà", gli dissi, "io ti ho già perdonato da molto tempo!”. 
“Ma io non ti avevo mai chiesto perdono!”,  disse.  
“La Bibbia ci insegna a perdonare”, gli dissi. 

“Figlio mio, aggrappati a questo Dio che tu conosci con tutte le tue forze!”. 
Gli dissi: “Padre, Lui può diventare anche il tuo Dio!”. 
Sorpreso, mi domandò: “Il  mio Dio? Non capisco!”. 
“Cosa  non  capisci,  padre?”. 
E lui: “Quale Dio potrebbe mai accettarmi dopo tutti i peccati che ho commesso?”. 
Risposi: “Egli è un Dio d’amore, ma c’è solo bisogno di una cosa”. 
Mi  chiese:  “E quanto costa?”.
“Nulla”, risposi, "è un regalo!”. “Che tipo di regalo?”, domandò. 
“È un dono fatto per mezzo di Gesù Cristo, suo Figlio”, gli  dissi, "accettalo nella tua vita e lui diventerà il tuo Salvatore e ti darà la Vita eterna. Vuoi accettare questo dono, padre?”. 

“Si", rispose, "vorrei ricevere questo dono”. 
“Allora preghiamo", gli dissi, "ripeti con me: Signore Gesù Cristo, io vengo davanti a te per chiederti di perdonare tutti i miei peccati e di diventare il mio Dio e il mio Salvatore. Amen”. 
Mio padre ripeté le mie parole, poi gli dissi: “Adesso lascia che io preghi per la tua guarigione!”. 
“Non pregare per la mia guarigione, figlio mio”, mi disse. 
“Perché no, padre? Egli è il Dio che ci guarisce”. 
“Io non voglio essere guarito, figlio mio", mi disse, "ora sono pronto per andare ad incontrare Gesù”. 

Dopo tre ore da quella preghiera, mio padre morì, ma il suo cuore era stato riempito di pace e di gioia: egli sapeva che stava andando alla presenza di Gesù.  
La nostra riconciliazione cancellò tutte le sofferenze passate, Dio le spazzò via completamente. 

E tu, caro amico o amica, sei pronto a ricevere il perdono dei tuoi peccati?
Ascolta: Dio è Dio di consolazione e di speranza, Lui è fedele, Dio di verità e giustizia, Egli è la Via, la Verità e la Vita, e solo per mezzo di Lui possiamo ottenere la Vita eterna. 
Preparati a pentirti e a riceverlo nel tuo cuore, lascia che Lui diventi il tuo Signore e Salvatore. 
Sei pronto a pentirti e a ricevere Gesù Cristo come Signore e Salvatore? 
Lui è sempre pronto e ti sta aspettando, rivolgiti a Lui ora!

 

Pilato chiede alla folla chi scegliere


Noi viviamo in una nazione chiamata “cristiana”, ma crediamo veramente in Gesù come il nostro personale salvatore, colui che ci permette di realizzare la comunione con Dio e ci assicura un posto in Cielo dopo la morte (fisica)?

Vogliamo considerare brevemente chi è (o chi potrebbe essere) per noi la persona di Gesù Cristo il Figlio di Dio.

Alla lettura dei Vangeli ci imbattiamo nella figura di Gesù come un maestro che insegnava le cose di Dio in modo diverso da quello che erano le interpretazioni di allora, divulgati dai vari teologi: Scribi, Farisei e rabbini vari.

Gesù affermava che, nei suoi insegnamenti, prendeva in considerazione la stessa Parola di Dio a cui loro si riferivano: la Legge (di Mosè) e gli scritti (oracoli) dei Profeti; e di essere proprio quello che la Parola di Dio presentava: il Figlio di Dio, il Messia e l’Unica via per arrivare al vero Dio.Allora, in certe occasioni, quelli che lo ascoltavano erano divisi nel loro giudizio: alcuni dicevano che era un uomo di Dio, altri dicevano che era un indemoniato (Giovanni 10:19-21).

Anche oggi, molti tendono a “dividere” la figura (persona) di Gesù per accettare quella parte che è più consona al loro credo e al loro modo di vedere le cose di Dio, secondo il loro ragionamento e la loro valutazione.
Per esempio, ci sono quelli che credono che Gesù sia stato soltanto un buon in segnante di religione e di etica morale.

Però, credere che Gesù sia stato solo un buon insegnante, rifiutando le affermazioni di Gesù di essere Dio, come Figlio, è un grande errore.
In questo modo, Gesù, dovrebbe essere o molto più di un buon insegnante (cioè Dio), o molto meno di un maestro (cioè un bugiardo o un presuntuoso ingannato).

Pensiamo alle centinaia di migliaia di persone che sono morte (e che muoiono tutt’ora) come martiri a motivo di ciò che Gesù ha detto di essere.
Se non fosse il Figlio eterno di Dio, quelle persone sarebbero morte per una bugia, o per un idolo.

C. S. Lewis, scrittore, professore ed intellettuale cristiano scrisse: “Un uomo che fosse soltanto uomo, che dicesse le cose che disse Gesù non sarebbe certo un grande maestro di morale, ma un pazzo, oppure il diavolo“.

Dunque, anche se Gesù è quello che lui ha detto di essere, è esistito ed esiste eternamente, per le persone diventa un caso soggettivo, cioè esse sono portate a scegliere personalmente: o quest’uomo era, ed è, il Figlio di Dio, oppure era un matto, o qualcosa di peggio.

La propria scelta, però non pregiudica la persona e la figura di Gesù!
Potete rinchiuderlo come pazzo, potete sputargli addosso e ucciderlo come un delinquente; oppure potete cadere ai suoi piedi e chiamarlo Signore e Dio.

Non serve ripararsi sul fatto che lo si riconosce come un grande insegnante di etica morale per giustificare il proprio rifiuto a sottomettersi all’evidenza della Parola di Dio e alla Sua volontà: che OGNI uomo riconosca Gesù Cristo il Figlio di Dio, come Signore.

Gesù stesso ha escluso la possibilità di una definizione “neutra”, e lo ha fatto di proposito.
Non ci può essere una via di mezzo: Gesù o è Dio, o non lo è; pazzo, bugiardo o Signore e Salvatore!
A noi la scelta.

Se desideri veramente conoscere la verità riguardo a Dio, non è intellettualmente saggio ignorare la vita e gli insegnamenti di colui che ha cambiato la storia, dichiarando di essere proceduto dal Padre e di essere Dio: Gesù.
È una figura troppo importante per essere messa da parte con leggerezza.

Egli è vissuto realmente, è stato l’unico ad aver fatto quelle affermazioni e ad aver vissuto la sua vita coerentemente a quello che diceva di essere.
Cristo ha suscitato rabbia, odio, o devozione, adorazione nella gente dei suoi giorni.

Scegliere una posizione intermedia riguardo a lui significa fallire totalmente nella comprensione delle sue affermazioni.

Coloro che contrastarono Gesù, capirono chiaramente la sua affermazione di divinità e cercarono di ucciderlo con l’accusa di bestemmia, perché egli dichiarava di essere uguale e uno con Dio (Giovanni 5:18; 8:58-59; 10:33; Marco 14:61-61, etc.).

Tutti i suoi discepoli, come gli apostoli Paolo, Pietro, Giovanni, etc., insegnarono chiaramente sulla divinità di Gesù (Colossesi 2:9; Filippesi 2:6-7; Romani 9:5; Giovanni 1:1-14; Ebrei 1:1-8).

Tutto questo è ancora più sbalorditivo se pensiamo che coloro che fecero queste affermazioni erano ebrei monoteisti, persone che credevano in un Dio unico (Deuteronomio 6:4); essi non parlarono di Gesù, definendolo come uno dei tanti dei, in una specie di concezione indù politeistica. 

No, adorarono Gesù, in quanto incarnazione dell’Iddio Altissimo (Matteo 28:9; Giovanni 20:28; Ebrei 1:6; Apocalisse 5:8-14; Filippesi 2:6-11).

Dunque, se Gesù è Dio, allora può affermare la verità riguardo a Dio (cioè a se stesso); può spiegare come si fa ad avere un rapporto con Dio, perché lui stesso è Dio.

Gesù può dichiarare ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, perché, se è Dio, è lui che ha scritto il “libro delle regole”.
Che ci piaccia o meno, se egli è Dio, allora lui soltanto può fare determinate affermazioni; se, invece, non fosse Dio, il cristianesimo sarebbe un falso, e dovremmo cercare Dio altrove.

È per questo che la figura di Gesù è esclusivista, cioè, esclude tutti gli altri che si definiscono (o si sono definiti) mandati da Dio, profeti ed altro, che non lo riconoscono, o che non si sottomettono a lui, a colui che il Padre ha mandato, affinché tutti gli uomini possano avere la vera e piena rivelazione del vero Dio (Giovanni 8:24; 14:6; Atti 4:12).

Così, se qualcuno vuole rimanere nella figura distorta di Gesù Cristo, non corrispondente con quella tramandataci dai suoi discepoli, non potrà avere i benefici apportati dalla Verità.


LA STORIA DI UN GRANDE MISSIONARIO:
HUDSON TAYLOR

Hudson Taylor

Hudson Taylor nacque nel 1832 nello Yorkshire, in Inghilterra.

Dopo la sua conversione, sentì forte nel suo cuore che Dio lo chiamava in Cina a predicare l’Evangelo alle moltitudini che non conoscevano Cristo. 

Sapendo che la via migliore per entrare in quella terra lontana era quella di diventare medico, si impegnò negli studi e nel tirocinio relativi alla professione medica.

Quando tutto fu pronto, si imbarcò a Liverpool il 19 settembre del 1853, sicuro della chiamata di Dio per la sua vita.

Subito il viaggio si rivelò pericoloso e per ben due volte la nave rischiò di sfasciarsi, ma miracolosamente riprese la navigazione.

In quel frangente, quando sembrava che ormai non c’era più speranza, il capitano della nave gli domandò: ”Non abbiamo più di mezz'ora di vita, che ne è ora della sua chiamata a servire Dio in Cina?”

Taylor rispose che non avrebbe voluto trovarsi, per nessuna ragione, in un’altra situazione, sicuro che Dio lo voleva proprio lì.

Scampati i pericoli, la nave fece un percorso lunghissimo, circumnavigando l’Africa, oltrepassando l’oceano indiano, fino ad arrivare a Shangai.

Un viaggio di quasi sei mesi.
Una volta arrivato, subito cominciò a darsi da fare imparando la lingua.

Instancabilmente predicò l’Evangelo distribuendo libri a tutta la popolazione locale.

Si accorse però che l’opera alla quale Dio lo aveva chiamato era immensa e che c’era bisogno di molti operai.

Scrisse alle chiese in Inghilterra chiedendo missionari per la Cina.
A seguito di vari malesseri, Taylor decise di tornare in patria per curarsi. 

Questo periodo di assenza dalla Cina si rivelò molto utile in quanto riuscì a sensibilizzare molti e a portare con se un certo numero di missionari che partirono con lui nel viaggio di ritorno.

Hudson Taylor fondò la missione per l’interno della Cina allo scopo di raggiungere i milioni e milioni di cinesi che vivevano nell'ignoranza, senza speranza, lontani dal vero Dio.

Con la preghiera costante, con l’impegno instancabile e facendo numerosi e calorosi appelli, il risultato fu che molti credenti lasciarono la Gran Bretagna e altri paesi per dedicarsi all'opera missionaria evangelistica in Cina.

Durante la sua vita Taylor vide molti missionari raggiungere la Cina, oltre 800, e dopo la sua morte, avvenuta il 3 giugno 1905, questo numero andò aumentando fino ad arrivare a oltre 1300 nel 1936.

Quando all'età di 73 anni la sua fine stava per giungere, diversi missionari suoi collaboratori stavano intorno al suo letto.

A un certo punto Taylor disse: “Fratelli, non morite come me!”
I presenti rimasero stupiti all'udire quelle parole.

Qualcuno protestò dicendo: “Come? Che significa che non dobbiamo morire come te? Tu hai speso la tua vita servendo il Signore, hai ubbidito alla Sua chiamata.

Molti di noi hanno lasciato la loro patria a causa tua per portare l’Evangelo in Cina. Molti cinesi si sono convertiti grazie al tuo impegno.
Che significa “non morite come me?”

Tu puoi morire in pace, tranquillo e soddisfatto per tutto quello che hai fatto per il Signore”.

“No – rispose Taylor – perché Dio mi ha mostrato una grande visione per evangelizzare il mondo, ma io mi sono fermato solo alla Cina”.

Caro lettore, qual è la tua visione?
Alzarti comodamente la mattina, bere una tazza di caffè, fare una buona colazione, avere un buon lavoro, una buona moglie, una buona famiglia?
Magari guadagnare molti soldi e poi dire a te stesso: “Anima mia, tu hai tanti beni conservati per molti anni: mangia, bevi, godi” (proprio come fece quell'uomo ricco e stolto descritto nel Vangelo di Luca al capitolo 12:16-21). 
Se questi sono i tuoi desideri, i tuoi obbiettivi e la tua visione, un giorno o l’altro Dio potrebbe dirti: “Stolto, oggi stesso l’anima tua ti sarà ridomandata, e di chi sarà quello che hai preparato?”
Caro amico o amica, arrenditi al Signore ed Egli darà un nobile scopo alla tua vita.

Gesù, crocifisso
Non c'è alcun altro nome sotto il cielo noto agli uomini per cui possiamo essere salvati.
Non c'è altro modo che tramite la via della Croce… se ci fosse stato un altro modo di salvezza Gesù non sarebbe morto sulla croce.
La notte in cui fu tradito, la notte prima di morire, si inginocchiò nell'Orto di Getsemani e disse: "Se possibile, che questa coppa passi oltre...".
Che cosa intendeva?
Diceva: "Oh Dio, se è possibile salvare l'umanità in un altro modo, se possono trovare un'altra via verso il cielo, se c'è un altro modo, risparmiami la croce".
Ma la risposta scesa dal cielo fu: "Non c'è altra via…".
Droga in cambio di soldi, morte al mosto della vita.

La testimonianza di Beppe, liberato dal Signore Gesù dalla schiavitù della droga. 

Mi chiamo Beppe; sono di Cremona, dove attualmente vivono i miei genitori e vorrei raccontarvi la mia storia.
Posso dire di essere nato in una famiglia con dei sani principi, dove mi insegnavano ad andare sempre in chiesa, frequentare buone amicizie ed essere educato con le persone che mi stavano vicino.
Fino all'età di tredici anni sono stato sempre ubbidiente, ascoltando i consigli dei miei genitori.
A quattordici anni conobbi un certo tipo di amici con i quali cominciai a frequentare l'ambiente delle discoteche, a bere vino ed altre bevande alcoliche e tornavo a casa alle due o alle tre di notte, ubriaco e sconvolto.
Nello stesso tempo lavoravo in un panificio dove conobbi altri ragazzi con i quali cominciai a fumare marijuana e per molti anni sono andato avanti cosi, bevendo e fumando.
I miei genitori non sapevano nulla di tutto questo.

Una foto di Charles G. Finney

Una testimonianza del XIX secolo, che rispecchia una condizione di molti oggi e che anche oggi può avere un lieto fine come questa raccontata dal predicatore Charles G. Finney: la liberazione dall'alcolismo di Hyman Appleman.


Finney stava tenendo una riunione a Detroit.
Una sera, mentre stava entrando in chiesa, un uomo venne da lui e gli domandò: "Sei tu il Dottor Finney?".
Rivolgendosi di nuovo a lui quell’uomo disse : "Quando avrai terminato la riunione, questa sera, vuoi venire a casa con me e parlarmi della mia anima?".
"Con piacere. Aspettami", rispose Finney.
Entrando dentro, alcuni credenti lo fermarono: "Fratello Finney, che cosa voleva quell'uomo?".
"Egli voleva che io andassi a casa con lui".
"Non andarci!", dissero.
"Mi dispiace per voi, ma io gliel'ho promesso, e devo andare con lui", rispose Finney.

Un approfondimento di Chiara Strani. 

Insegno alla scuola domenicale da tanti anni e ogni qualvolta cerco delle cartine geografiche della Bibbia,
sulla storia di Israele, trovo sempre citato il nome Palestina.
Accendo la televisione e costantemente c’è qualche notizia che riguarda quel martoriato territorio che i giornalisti continuano a chiamare Palestina, o a citare dei territori occupati.
Occupati, occupati da chi?
Alcuni sostengono che sono gli Israeliani ad averli occupati.

Nella Bibbia la Palestina è indicata con diversi nomi (oltre a termini come Eretz Yisrael "Terra di Israele", Eretz Ha-Ivrim "Terra degli ebrei", "Terra in cui scorre latte e miele", Terra promessa), tutto il territorio ad occidente del fiume Giordano era chiamato "Terra di Canaan", cioè occupata dai Canaaniti (o Cananei), considerati discendenti da Canaan, figlio di Cam.
Con l'arrivo del popolo ebraico, la 'Terra di Canaan' viene ribattezzata "Terra di Israele".
La storia a questo punto coincide con la storia del popolo d'Israele.
Dopo la divisione in due del regno ebraico, quello più meridionale venne chiamato terra del regno di Giuda, mentre la parte settentrionale terra del regno di Israele o Samaria.

La regione subì in quel periodo l'invasione del popolo di origine greca dei Filistei, o pheleset (migratorio), le cui cinque città principali erano Gaza, Ashdod, Ekron, Gath, e Ashkelon; popolo di cui gli Egiziani antichi danno per primi notizia come P-r/l-s-t (convenzionalmente Peleshet), uno dei Popoli del mare che invasero quelle terre.
"Filistea" (ebraico פלשת Pəléšeth, P(e)léshet) è il nome da cui proviene "Palestina", e deriva quindi dal popolo dei Filistei.
I Filistei non erano semiti, non erano arabi e non hanno mai avuto alcun legame storico, etnico o politico con gli arabi o con l’Islam.
Costoro vennero sottomessi da re Davide, vincendo alcune battaglie ai tempi del profeta Amos, prima di scomparire definitivamente come popolo, tanto che non sono più citati già dai tempi delle invasioni degli Assiri.
Paul Blizard, ex Testimone di Geova racconta l'assurda concezione della trasfusione di sangue secondo La Torre di Guardia.

Al cristiano medio, il nome Testimoni di Geova fa venire alla mente un gruppo di persone vestite ordinatamente che vanno di porta a porta nel vicinato, vendendo la rivista della Torre di Guardia [Nota del traduttore: da alcuni anni i Testimoni di Geova non vanno più in giro a vendere le loro riviste], o magari un libro.
Invece, quando io penso ai Testimoni di Geova, mi viene alla mente una vita di schiavitù ad un culto che io ho servito per i primi 28 anni della mia vita.
Mio nonno diventò una parte della Società della Torre di Guardia nei primi anni del 1900. I miei genitori sono dei Testimoni di Geova attivi.
Mio papà è tuttora un anziano che presiede nella sua locale Sala del Regno.

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