Il Blog di Incontrare Gesù

Articoli di attualità, esperienze personali e meditazioni su argomenti etici morali, sulla fede cristiana e sulla religione in generale.

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Una Riflessione di Nicola Scorsone. 

Continuando con la matematica, nel mese di maggio dedicato alla recita del rosario, moltiplicando 1550 per milioni nel mondo si arriva a miliardi di recite.
Di fronte a queste astronomiche cifre, Gesù, riguardo alla preghiera, ci dà un chiaro insegnamento: “Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole… perché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate” (Matteo 6:7-8).

La Maria della Bibbia alle nozze di Cana, disse: “Fate tutto quel che vi dirà (Gesù)” (Giovanni 2:5).
Stranamente e contrariamente però, le varie Marie di Fatima, Medjugorje… incitano i fedeli a recitare più rosari possibili invitandoli in tal modo a riporre nelle loro mani la loro vita, nonché le sorti di tutto il mondo.
A chi dobbiamo dare ascolto?
Gesù insegna: “...qualsiasi cosa domanderete al Padre nel MIO nome, Egli ve la darà” (Giovanni 16:23).
Mentre le varie apparizioni mariane richiedono preghiere, suppliche, penitenze, sacrifici (o fioretti) rivolti al loro nome!

Meditazioni

Una Riflessione di Melchiorre Briganti. 

Noi tutti, nella nostra vita quotidiana, abbiamo le nostre piccole croci, di cui non
ci dobbiamo per niente preoccupare, e che anzi dobbiamo e vogliamo accettare e offrire a Gesù.
Noi tutti, inoltre, siamo in qualche modo dei peccatori e quindi siamo destinati a morire (anagraficamente), in quanto il frutto del peccato è la morte.
Ognuno di noi, però, a un certo punto della sua vita incontra Gesù e si trova a tu per tu con Lui, che, pur essendo senza peccato, è stato ingiustamente condannato alla stessa sorte nostra della Croce e che - vittima innocente - è morto sulla Croce per noi e per i nostri peccati.

A questo punto subentra la nostra risposta: sta a noi, che abbiamo questa grandissima occasione offerta dalla misericordia di Dio, compiere una scelta.
L'atteggiamento del ladrone "cattivo" è: "Salva te stesso e noi", quasi come se volesse "usare" Gesù per i propri fini comodi ed egoistici, per evitare la Croce, strada dalla quale dobbiamo invece passare.
L'atteggiamento del buon ladrone è invece: Gesù è al primo posto rispetto a lui, protagonista della storia; la morte attraverso la Croce e le sofferenze relative ad essa costituiscono l'entrata nel Regno dei Cieli e sono un passaggio obbligatorio.

Inoltre il buon ladrone riconosce che c'è il Regno di Gesù (che naturalmente non è di questo mondo).
Tutto ciò salva il buon ladrone, che va direttamente in Paradiso con Gesù.
Che fine ha fatto l'altro ladrone?...
Personalmente ritengo che la differenza stia proprio tra il peccato che viene perdonato, perché c'è sincero pentimento e il peccato che non può essere perdonato, perché non c'è ravvedimento; ossia, come conseguenza di ciò, rispettivamente nell'accettare o rifiutare Dio, cosa che comporta la vita o la morte eterna.
Siamo tutti noi di fronte a questa scelta, fin dalle nostre azioni che si compiono su questa terra.
Una Riflessione di Franco Previte. 

Nel terzo millennio cristiano, il rapporto fede-ragione e condizione sociale, deve porsi alla luce della situazione storica e culturale nella quale si trova l’uomo oggi.
Prendiamo, in breve, a considerare nel rapporto fede e ragione, la Lettera Enciclica Fide et Ratio, del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II° su esigenze e compiti della situazione dell’epoca, fa un’analisi molto approfondita dell’affermarsi del fenomeno della frammentarietà del sapere e del conoscere considerando, molto importante, essere difficile e spesso vana la ricerca del senso (81.cap.7°).

In sostanza una degradazione della ragione senza ricercare la verità una argomentazione dottrinale molto profonda che ci viene consigliata per conoscere ed interpretare il mondo e la vita dell’uomo moderno.
La condizione sociale dell’uomo d’oggi, in una sorte di solidarietà, è capire chi è il nostro prossimo, chi si trova nella necessità di esigenze e se possiamo diventare prossimo dell’altro nella misura in cui condividiamo le sue difficoltà: in una parola come ci comportiamo di fronte a chi è nel bisogno?
Il nostro tempo pare inaridirsi! Forse, per non dire, siamo allo sfascio totale e delle coscienze e del presente?

Una Meditazione di Franco Previte . 

I mass media del 21 febbraio hanno riportato una notizia davvero scioccante in cui un gruppo persone, circa 800, operanti su Facebook hanno posto in mostra una foto di profilo di una bambino down in un gioco di tiro al bersaglio con un proclamato delirio di frasi offensive e denigratorie, protette dall'anonimato, nei confronti di questi sfortunati della vita.
Naturalmente, in tempi brevi sul web è partita una controffensiva a difesa di questi innocenti che si trovano in situazione di maggior debolezza e fragilità.
Purtroppo una certa parte del nostro tempo considera la persona umana pienamente autonoma e svincolata da ogni rapporto con la legge religiosa e con quella sociale, mentre l’uomo tende a porsi al centro dell’universo.

Non possiamo non dimenticare il progressivo dissolversi dei valori etici che sfide pericolose, come nel caso esposto, tendono a distruggere le famiglie ed i singoli, ma amareggia ed angoscia che si va sviluppando e progressivamente aumentando, un relativismo, un permissivismo smodato che dilaga, modifica e mortifica la dimensione etica della vita.
Il materialismo, il consumismo, l’edonismo e l’erotismo più sfrenato corrono e concorrono a formare un superficialismo assoluto, un substrato privo di un fondamento di civiltà morale che non ci stupisce più di tanto, ma, ripeto, amareggia il constatare una siffatta realtà sociale che a volte viene accettata.
Tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto noi cattolici, dobbiamo tenere alta la coscienza di tutela della dignità umana, la grandezza del carattere sacro della vita e di ogni vita ed in qualunque condizione di salute ci troviamo.


Meditazioni

Una Riflessione di Paolo Moretti. 

Rileggendo qualche giorno fa la parabola del figlio prodigo (Luca 15:11-32), mi sono sentito ripreso dal Signore attraverso una particolare riflessione sul comportamento incoerente del figlio-fratello maggiore.
Egli “si trovava nei campi” al momento del ritorno del fratello a casa, non era quindi in giro a passeggiare, né stava svolgendo altre attività con cui riempire il suo tempo libero.
Era “nei campi” a lavorare, a sudare nei terreni del padre, ad esprimere in questo modo impegno, fatica, servizio.

Chi lo avesse osservato con attenzione, lo avrebbe giudicato un eccellente servitore del padre, un vero modello da prendere come esempio!
Ma poi, quando, tornando come ogni sera a casa, udì un insolito suono di musica e di danze e venne informato che il padre stava facendo festa per il ritorno a casa di suo fratello, “egli si adirò e non volle entrare”.
Ovviamente questo rifiuto ha, nel contesto immediato della parabola, lo scopo di portare a riflettere i farisei e gli scribi sul loro analogo rifiuto di condividere la festa del Figlio di Dio che “accoglie i peccatori e mangia con loro“: una festa che si estende dalla terra al cielo, dove “v’è gioia davanti agli angeli di Dio”.

Una meditazione di Paolo Moretti. 

Mi è capitato più volte, negli ultimi mesi, di sentire commenti lusinghieri anche in ambito evangelico in relazione agli appelli ripetuti in più occasioni dal nuovo pontefice ad “aprire il cuore a Cristo”, appelli che si erano sentiti più volte anche sulla bocca del suo predecessore.
Quando si sente parlare di “centralità di Cristo” o del “bisogno dell’uomo di guardare a Cristo”, è possibile rimanere colpiti positivamente.
Non è, questo, lo stesso messaggio che anche noi annunciamo?
Non andiamo anche noi sulle piazze, per le strade e sotto le tende ad annunciare che gli uomini hanno bisogno di Cristo e che, se vogliono davvero conoscere il dono di una vita purificata e rinnovata devono convertirsi ed aprire il loro cuore a Lui?
Che finalmente anche a Roma qualcosa o qualcuno si stia muovendo verso nuove direzioni?

Purtroppo, niente di tutto questo.
Infatti, se andiamo al di là delle parole in sé pur belle e se scopriamo l’intenzione e l’obbiettivo che i due pontefici in questione hanno avuto nel pronunciarle, ci rendiamo conto che esse hanno un significato ben diverso da quello che noi normalmente pensiamo.
L’intenzione è quella di chiamare i fedeli ad accostarsi all’Eucarestia, nella quale “è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo” (art. 1324 Catechismo Chiesa Cattolica).
È nell’Eucarestia che Cristo si rende presente nella Chiesa (cattolica romana) ed è quindi attraverso l’Eucarestia che è possibile riceverlo nel cuore.

“Aprite i cuori a Cristo” equivale quindi a dire: “Accostate i cuori all’Eucarestia!”.
L’obbiettivo è invece quello di legare le persone alla Chiesa (cattolica romana).
Se infatti “Cristo è racchiuso nell’Eucarestia” e se l’Eucarestia è patrimonio della Chiesa che la possiede e la dispensa, è ovvio che per ricevere Cristo occorra entrare a far parte della Chiesa (cattolica romana).
Scopriamo così che, quando si parla di “centralità di Cristo”, in realtà si ha in mente “la centralità della Chiesa”, che lo “racchiude” e lo “dispensa”.
Il “Cristo”, al quale si invita ad aprire il cuore e ad accostarsi, è in realtà un oggetto, un idolo, un feticcio.

Qualche sera fa le campane del mio paese suonavano a distesa, in modo davvero inusuale.
Ho scoperto, qualche giorno dopo, che quella sera era in programma un incontro di “adorazione dell’Eucarestia”: tutti in ginocchio – immagino – a pregare davanti al cosiddetto “santissimo”!
Che tristezza!
Dopo la risurrezione di Gesù, due discepoli lo riconobbero nel momento in cui “prese il pane, lo benedisse e lo spezzò”, ma quando Gesù scomparve alla loro vista, pronunciarono queste note parole: “Non sentivamo forse ardere il nostro cuore dentro di noi mentre egli ci parlava per via e ci spiegava le Scritture?” (Luca 24:30-32).
Si rammaricavano perché i loro cuori non si erano infiammati durante l’ascolto della Parola, ma non fanno alcun accenno al momento della rottura del pane, dell’Eucarestia!?
È l’ascolto della Parola che fa ardere i cuori ed è attraverso l’ubbidienza ad essa che i cuori possono aprirsi a Cristo, per essere purificati, trasformati e radicalmente rinnovati.

In quello stesso racconto, Luca ci ricorda che Gesù, “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (24:27), e che più avanti ricordò ai discepoli: “Queste sono le cose che io vi dicevo quand’ero ancora con voi, che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi” (24:44).
Cristo si rivela a noi come il Vivente, e cessa così di essere “un idolo”, soltanto quando lasciamo che egli parli ai nostri cuori attraverso la sua Parola illuminata dalla convinzione dello Spirito Santo.
È ascoltando la sua Parola che i cuori si aprono a lui per accoglierlo e per donargli la centralità nella propria vita.
È la stessa Parola che illumina la nostra mente e ci guida a discernere che parole giuste nascondono un significato errato.
Di questo discernimento abbiamo oggi quanto mai bisogno!

Evangelizzazione

Una messaggio di Rosaria Schimmenti. 

E' Dio vivo in noi e nel mondo?
La Sua pace, il Suo amore e le Sue leggi dimorano nel nostro cuore? Nelle nostre famiglie e nel nostro paese?
O stiamo correndo in cerca di benessere, pace e felicità senza la bussola dei Suoi comandamenti? (Proverbi capitolo 3).
Non possiamo eliminare i problemi che ci affliggono se non usiamo la chiara e sicura bussola morale che Dio ci ha fornito tramite la Sua Parola.
Il peccato non è stato mai felicità, così anche la malvagità, perché violano la legge sacra che governa tutta la creazione, inclusi noi che facciamo parte di essa.
Siamo stati creati per vivere nella legalità, nel rispetto reciproco e nel far moltiplicare i doni che Dio ci ha elargito.

La prova tangibile che abbiamo bisogno di bene è evidenziata anche dal fatto che, quando abbiamo dei veri amici e dei buoni rapporti con il prossimo, siamo più sereni.
Questo dovrebbe essere il nostro obbiettivo principale, impegnarci affinché questo si realizzi.
Nel corso della storia umana, Dio ha inviato per prima dei profeti per istruirci, infine ha mandato Suo Figlio.
Nell'occasione della trasfigurazione di Gesù, sul monte santo, Dio ci ha parlato direttamente dal cielo.
Abbiamo dei testimoni a riguardo, i tre Apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni; questi sono stati invitati da Gesù a salire sul monte, con Lui, e lì apparvero loro Mosè ed Elia, i quali parlarono con il Signore, avvolti da una luce, e si udì la voce dal cielo che diceva: “Questo è il mio Figlio diletto, ascoltatelo!” (Luca 9:35).


Testimonianze

Un Messaggio di Patrizia Eydallin. 

Dal natale mi aspetto di poter solo ringraziare Gesù perché è nato. Qualsiasi sia la data, sta di fatto che è nato, e dal momento che credo senza ombra di dubbio che Egli è il mio salvatore, voglio solo mostrargli la mia gratitudine per ogni benedizione, guida, amore, appagamento, consolazione e... felicità che solo lui mi ha dato.
Sono io ora che voglio fare un regalo a lui, poiché mi ha donato tutto ed è sempre con me, così gli voglio donare il mio cuore e portare l'amore a chi non l'ha, il Suo amore che ha messo in me, e voglio che tutti conoscano che meraviglioso Dio e meraviglioso Salvatore abbiamo, che la vita è vera vita, anche se non siamo ancora in paradiso, che vale la pena di viverla, perché dobbiamo e vogliamo dargli la gloria come Lui merita, e non è nulla in confronto al suo amore per noi.

La Sua parola ci narra la Sua storia, la Sua meravigliosa opera, e noi, che per grazia Sua l'abbiamo accettata, abbiamo una vita trasformata, abbiamo la Sua pace nel cuore e abbiamo la consapevolezza interiore che gli.
Le tenebre non ci appartengono più, Gesù ha dato la vita per noi, è risorto e noi siamo risorti con lui, non sono parole ma dati di fatto... che meraviglia è appartenere a Lui e aspettare il Suo ritorno!
Quindi Buon Natale a tutti!
Non pretendiamo solo doni, ma amiamo Gesù, come merita, infatti Lui ci ha fatto il dono più grande che ogni uomo possa ricevere.
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