In Palestina vita più dura con l'Apartheid

Un commento di Umberto De Giovannangeli. 

Per lui la vita degli ebrei vale meno della "libertà di movimento" degli arabi, ma quello di John Dugard, inviato dell'Onu, non è antisemitismo, e nemmeno "pregiudizio antisraeliano".

Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, del quale fanno parte stati come Cuba, l’Arabia Saudita e la Cina, è notoriamente un'entità da farsa che si dedica in modo esclusivo alla messa in scena di un continuo processo contro Israele.
Non soddisfatte, le Nazioni Unite hanno anche un "inviato speciale delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani nei Territori palestinesi", il signor John Dugard.
Non hanno ritenuto di inviare nessuno per tutelare i diritti umani degli israeliani minacciati dal terrorismo a Tel Aviv o ad Haifa, e Dugard non si preoccupa minimamente dei diritti umani degli israeliani di Ariel o Kiryat Arba, che pure vivono nei "Territori".
Sono "coloni", dunque bersagli legittimi.
Il razzismo implicito nel mandato di Dugard è pienamente rispecchiato dalle conclusioni cui è giunto, che definiscono "apartheid" le necessarie misure di sicurezza adottate da Israele e stabiliscono che la "libertà di movimento" degli arabi vale molto di più del diritto alla vita degli ebrei.
Vi è infatti, assicura Dugard, una "sproporzione" tra la minaccia delle stragi del terrorismo suicida, o degli omicidi dei cecchini palestinesi, e "le restrizioni alla circolazione" imposte da Israele per difendersi.
Dugard riprende qui la felice formula dalemiana che, come si vede, è estendibile a qualsiasi azione israeliana, dalle eliminazioni mirate "dei palestinesi", alla barriera difensiva.
Israele potrebbe avere l'approvazione dell'Onu soltanto se si offrisse inerme ai colpi dei suoi nemici.
Ovviamente Dugard non ha "alcun pregiudizio antisraeliano" e rigetta "con sdegno le accuse strumentali di antisemitismo".
Il che dovrebbe bastare a chiudere la questione.
Si capisce che all'UNITA' vadano pazzi per un tipo così, che parla come D'Alema e risponde alle critiche come lui.

Il 17 ottobre gli dedicano quasi un'intera pagina, con "un'intervista acritica di Umberto De Giovannangeli".
Ecco il testo.
Una richiesta che scatenerà polemiche: l’Onu si ritiri dal Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Ue, Onu) nel caso in cui non vengano presi in maggiore considerazione i diritti umani dei palestinesi. Una richiesta tanto più significativa, e allarmante, perché ad avanzarla è John Dugard, inviato speciale delle Nazioni Unite per la tutela dei diritti umani nei Territori palestinesi.
Avvocato sudafricano, docente di Diritto internazionale, paladino della lotta all’Apartheid, Dugard visita la Cisgiordania e Gaza da sette anni e redige i suoi dettagliati rapporti sulla situazione.
«Dalla mia ultima visita - afferma Dogard - ho ricavato una impressione drammatica: nel popolo palestinese è diffuso un sentimento di disperazione, causato dalla violazione dei diritti umani.
Ogni volta che vado lì la situazione sembra essere ulteriormente peggiorata».
Un peggioramento che investe sia la Cisgiordania che Gaza: «Gaza - sottolinea Dugard - è una prigione isolata dal mondo e Israele sembra averne buttato via le chiavi».

Professor Dugard, alla fine del mese lei presenterà il suo rapporto alle Nazioni Unite sullo stato dei diritti umani nei Territori. Qual è la situazione?
«Gravissima, direi disperata: una percezione netta che ho maturato da una visione diretta della situazione. Ciò che più mi ha colpito è l’assenza di speranza del popolo palestinese.
Tutti noi dovremmo interrogarci sulle ragioni di questo degrado».

Qual è la sua risposta?
«Non vi è dubbio che questa situazione di sofferenza e disperazione è frutto della violazione dei diritti umani e in particolare delle restrizioni israeliane alla libertà di movimento dei palestinesi».

Le autorità israeliane ribatterebbero che questa situazione è dovuta alla necessità di contrastare gli attacchi terroristici; i kamikaze palestinesi non sono certo un’invenzione israeliana.
«Non metto in discussione il diritto di Israele di difendere la sua sicurezza, ma ritengo che il governo israeliano continui a gestire la sua sicurezza con un uso sproporzionato della forza».

A cosa si riferisce in particolare?
«Penso ai centinaia di check-point che spezzano in mille frammenti territoriali la Cisgiordania, penso a Gaza, prigione a cielo aperto, dove sopravvivono a stento 1 milione e 400 mila palestinesi.
Sì, Gaza è una prigione della quale Israele sembra aver buttato via le chiavi».

Gaza, soprattutto dopo il colpo di mano militare di Hamas, molto si è detto e scritto, meno della Cisgiordania.
Lei l’ha visitata recentemente. Qual è la realtà che ha registrato sul campo?
«La Cisgiordania è oggi frammentata in quattro settori: il Nord (Jenin, Nablus e Tulkarem), il Centro (Ramallah), il Sud (Hebron) e Gerusalemme est che assomigliano sempre di più ai Bantustan del Sudafrica.
Le restrizioni alla circolazione imposte da un rigido sistema di autorizzazioni, rinforzato da circa 520 check point e blocchi stradali, assomigliano al sistema del "lascia-passare" (in vigore nel Sudafrica dell’Apartheid) applicato con una severità che va molto al di là…».

La sua è un’accusa molto grave, alla quale più volte in passato Israele ha ribattuto con durezza accusandola di forzature inaccettabili, viziate da un evidente pregiudizio.
«Vede, io non ho alcun pregiudizio anti-israeliano e rigetto con sdegno le accuse strumentali di antisemitismo.
I miei rapporti non hanno nulla di ideologico, essi sono basati su fatti circostanziati, su una documentazione ineccepibile.
Israele rivendica la sua democrazia ma i principi su cui si fonda non valgono per la popolazione palestinese dei Territori.
Con grande amarezza, mi creda, devo affermare che molti aspetti dell’occupazione israeliana superano quelli del regime di Apartheid.
Si pensi alla distruzione in larga scala da parte israeliana di case palestinesi, lo spianamento di terreni fertili, le incursioni e gli omicidi mirati dei palestinesi, per non parlare del muro eretto per l’80% in territorio palestinese.
Il Muro è, attualmente, costruito in Cisgiordania e Gerusalemme est in maniera da inglobare la maggior parte delle colonie nella sua cinta.
Inoltre, i tre grandi blocchi di insediamenti di Gush Etzion, Ma’aleh Adumim e Ariel dividono il territorio palestinese in enclave, distruggendo così l’integrità territoriale della Palestina.
Tutto ciò, lo ribadisco, produce sofferenze, umiliazioni e, ed è quello che più mi ha colpito nella mia recente visita nei Territori, la perdita di speranza da parte del popolo palestinese.
A tutto ciò va aggiunto che, di fatto, il popolo palestinese è sottoposto a sanzioni economiche, e ciò è il primo esempio di un simile trattamento applicato a un popolo occupato.
Verso i palestinesi dei Territori, Israele non si comporta come una democrazia, ma come una potenza colonizzatrice».

Dalla Cisgiordania a Gaza e allo scontro interno al campo palestinese.; uno scontro che aggiunge sofferenza a sofferenza.
Qual è in proposito la sua valutazione?
«Se vuole sapere il mio modesto punto di vista, le dirò che a mio avviso la Comunità internazionale sta commettendo un errore gravissimo, che renderà ancor più ostica la ricerca di un accordo di pace con Israele».

Quale sarebbe questo errore?
«Aver deciso di appoggiare solo una fazione palestinese, quella del Fatah.
Questo ruolo non compete all’Onu».

A fine mese lei illustrerà il suo rapporto all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
A quale conclusione è giunto?
«Al segretario generale Ban Ki-moon chiederò di ritirare le Nazioni Unite dal Quartetto, se esso dovesse fallire nel tentativo di avere la massima attenzione per la situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi».

Lei appare alquanto pessimista sulla possibilità di una svolta nella tutela dei diritti umani in Palestina. Perché?
«Perché sull’inazione del Quartetto in questo campo pesa l’influenza politica degli Stati Uniti.
Una influenza negativa».

Giuseppe

1 commento:

  1. Messo così senza distinzione tra il commento e il testo dell'articolo non si capirebbe che la prima parte non è di De Giovannangeli, se non lo si fosse già letto su Informazione corretta.

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