Il Blog di Incontrare Gesù

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Nelle prime pagine della storia dell’umanità, la Bibbia ci rivela che non esisteva assolutamente il concetto di “straniero”. 

Torre di Babele
Leggiamo infatti che tutta la terra parlava la stessa lingua e usava le stesse parole (Genesi 11:1).

Allora perché le cose sono cambiate?

A causa della cattiveria degli uomini!

Essi dissero: “Venite, costruiamoci una città e una torre la cui cima giunga fino al cielo; acquistiamoci fama, affinché non siamo dispersi sulla faccia di tutta la terra” (Genesi 11:4).

L’uomo, nel suo orgoglio, vuole sempre “salire” e gestire tutte le situazioni al posto di Dio.

Di conseguenza, Dio, conoscendo il reale intendo degli uomini, ha dovuto intervenire confondendo il loro linguaggio.

Così si dispersero su tutta l’estensione della Terra (Genesi 11:7-8).

I sentimenti dello “straniero” li ha dovuti sperimentare anche il figlio di Dio Gesù Cristo, infatti, egli si identificò perfettamente anche con questo problema umano: venne in casa sua, e i suoi non lo ricevettero (Giovanni 1:11); fu disprezzato e abbandonato dagli uomini, uomo di dolore famigliare con la sofferenza… anche quella causata dal rifiuto (Isaia 53:3).

Se il fatto della Genesi ci parla della natura dell’uomo e dell’effetto del peccato, il Piano di redenzione di Dio ci presenta una persona eccezionale che ha saputo vincere anche questa componente della rovina del peccato dell’umanità.

La sofferenza di Gesù, però, è andata oltre al normale disagio del sentirsi stranieri, in quando lui è venuto “a casa sua” e non in terra straniera.

Egli non considerò minimamente i propri interessi, perché sapeva che il vero problema non era ne materiale e ne politico, ma spirituale.

Il vero problema era ed è il peccato.

Benché l’amore del Signore fosse per il mondo intero, egli fu odiato sia degli Ebrei che dai Romani.

Eppure, alla croce, le sue braccia erano aperte sia per gli uni che per gli altri, sia per me che per te.

Gesù capisce perfettamente coloro che si sentono esclusi, li ama e li vuole accogliere a se, perché è lui la “casa” degli uomini; è in lui che gli uomini, sentendosi stranieri, possono trovare accoglienza, ristoro e redenzione, passando da estranei a Dio a Suoi figli accolti nella Sua casa.

Una caratteristica che si manifesta nella persona che rifiuta Dio è quella di rifugiarsi nell'autosufficienza. 

Lettura e preghiera
Nella nostra epoca moderna, questa caratteristica si evidenzia nel concetto espresso dalla frase: “Credi in te stesso”; e ancora: “Yes, we can! (Ce la facciamo!)”.

La Bibbia invece dice: “Poiché se alcuno si stima esser qualcosa pur non essendo nulla, egli inganna se stesso” (Galati 6:3).

Un uomo avviluppato in se stesso forma un involucro molto piccolo.

Dio non ci ha creati in modo da essere autosufficienti, ma con la necessità di relazionarci con Lui e con gli altri. 

La cosa più ragionevole da fare è quella si essere sempre dipendenti da Dio, che ci affidiamo alle Sue braccia eterne.

Il re Davide pregava dicendo: “Poiché a te sono volti gli occhi miei, oh Signore, in te mi rifugio” (Salmo 141:8).

Quando, come credenti, diciamo: “Io posso ogni cosa…“, dobbiamo sempre aggiungervi le parole dell’Apostolo Paolo: “…in Colui che mi fortifica” (Filippesi 4:13).

La Parola di Dio descrive così la persona presuntuosa: “Poiché tu dici: io sono ricco e mi sono arricchito, e non ho bisogno di nulla, e non sai che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo” (Apocalisse 3:17); e ancora: “Poiché è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio; non è in virtù di opere, affinché nessuno si vanti” (Efesini 2:8-9).

Non ci si può salvare sa soli!

In sostanza, nella nostra vita, dove siamo sempre rapportati con Dio, anche quando non ne siamo consapevoli, dobbiamo avere sempre un atteggiamento di umiltà verso di Lui, e una consapevolezza del Suo amore e sostegno. 

Molte persone si vantano delle loro buone virtù, ma la Bibbia dice che le nostre buone opere e la nostra giustizia sono come cenci sporchi agli occhi di Dio.

Non possiamo neanche arrivare al Cielo mediante le nostre buone azioni; abbiamo bisogno di Dio sia per vivere sulla Terra che per andare in Cielo. 

Davanti a Dio non ci sono diverse categorie di persone: santi e infedeli, meritevoli e ribelli, brave persone, persone onorate, persone ingenue e giustificabili, delinquenti, etc.: siamo tutti PECCATORI.

Noi riceviamo la Salvezza ed il perdono dei peccati SOLO per mezzo della Grazia di Dio per i meriti di Gesù Cristo, e solo così possiamo incominciare a fare veramente la volontà di Dio.

Lo scrittore Isaac Asimov (anti-creazionista fervente) dichiarò: “Dentro l’uomo c’è un cervello di 1300 grammi che, per quanto sappiamo, è l’insieme di materia più complesso e più ordinato nell'universo, ed è enormemente più sofisticato del computer più potente mai costruito“. 


Creazione o evoluzione
Non sarebbe logico supporre che, se il cervello intelligente dell’uomo ha progettato e realizzato il computer, allora anche il cervello umano è stato a sua volta progettato?

Gli scienziati che respingono il concetto di un Dio creatore sono d’accordo nel fatto che tutti gli esseri viventi mostrano l’evidenza di un progetto; accettano l’argomento del Paley, che dice che “tutto fu progettato”, ma non accettano il Progettista di Paley.


Ad esempio, il dott. Michael Denton, medico scienziato non cristiano con una laurea in biologia molecolare, conclude che “l’universalità della perfezione e il fatto che dovunque guardiamo, non importa quanto profondamente o quanto lontano, troviamo un’eleganza ed una ingenuità di una qualità trascendente che mitiga contro l’idea che tutto è il risultato del caso. 
A fianco del livello di ingenuità e complessità esibito dalle “macchine” molecolari della vita, perfino i nostri manufatti più avanzati sembrano malfatti.
Ci sentiamo umiliati, tanto quanto si sentirebbe l’uomo neolitico alla presenza della tecnologia del ventesimo secolo, sarebbe illusorio pensare che ciò che vediamo nel presente superi di una sola frazione la totalità del disegno biologico. 
Praticamente in ogni settore di ricerca biologica fondamentale i livelli di progettualità e di complessità si rivelano più sofisticati man mano che si scoprono, sempre a una frequenza che aumenta parallelamente“.


Il dott. Richard Dawkins dell’Università di Oxford è ormai fra i protagonisti più notevoli della Teoria dell’evoluzione nel mondo intero, risultato della pubblicazione dei suoi libri, incluso “L’Orologiaio cieco”.

Questi afferma di poter dimostrare falsa, una volta per sempre, la nozione di un Dio Creatore, ma, volendo difendere la teoria moderna dell’Evoluzione, dice: “Abbiamo visto che gli esseri viventi sono troppo improbabili e troppo ben disegnati perché siano il risultato del caso“.

Senza dubbio anche l’ateo più convinto concorda che è evidente un “progetto superiore” negli animali e nelle piante del nostro pianeta. 
Allora, se molti scienziati respingono il “caso” nel progetto, con chi o con che cosa si può sostituire questo “caso” se non si accetta il Dio creatore? 

Può accadere in un istante o dopo un’attesa di alcuni mesi, ma ben presto mi troverò alla presenza del Signore, in Paradiso.  

Allora in un battibaleno tutte le cose appariranno sotto un’altra prospettiva.

Improvvisamente le cose a cui avevo dato importanza: gli impegni dell’indomani, i piani per il servizio della mia chiesa, il successo o il fallimento nel piacere al mio prossimo, etc., non avranno più valore.

Le cose alle quali avevo dato appena un po’ di considerazione: la testimonianza sul Cristo ai miei vicini di casa, i momenti (per quanto brevi) di fervida preghiera per il lavoro del Signore nelle terre lontane, la confessione e l’abbandono di quel peccato segreto, etc., mi appariranno reali e durature.


Cinque minuti dopo il mio arrivo in Cielo sarò conquistato dalla verità che avevo conosciuta, ma in realtà mai afferrata; comprenderò il fatto che sono in Cristo sarà la cosa più importante con Dio, e che quando ero in giusto rapporto con Lui facevo le cose che Gli piacevano.

Mi renderò conto che è importante, non quanto ho dato, ma come ho dato… e quanto ho trattenuto.

In Cielo desidererò con tutto il cuore di poter riavere una millesima parte del tempo che mi sono lasciato sfuggire di mano, di richiamare le innumerevoli conversazioni nelle quali avrei potuto glorificare il mio Signore e non l’ho fatto.


Dopo cinque minuti dal mio arrivo in Cielo, credo che bramerò con tutto il mio cuore d’aver impiegato il mio tempo più fedelmente alla lettura della Bibbia e alla preghiera, e che io avessi conosciuto Dio quando ero ancora sulla Terra, così come Egli desiderava che Lo conoscessi.

Migliaia di pensieri si affolleranno alla mia mente e, per quanto sopraffatto dalla grazia che mi dà accesso alla Patria celeste, mi interrogherò su quello che avrò vissuto di inutile.

Desidererò… se in Cielo si può desiderare… ma sarà troppo tardi.

Il Cielo è reale e anche l’Inferno è reale, e l’eternità è solo alla distanza di un soffio.

Presto saremo alla presenza del Signore, colui che asseriamo di servire.

Perché allora dovremmo vivere come se la Salvezza fosse un sogno, come se non avessimo piena conoscenza?

“Chi conosce il bene, e non lo compie, è colui che pecca“.

Forse c’è ancora un po’ di tempo, un nuovo inizio si apre davanti a noi.

Che Dio ci aiuti a vivere nella luce di un vero domani! 

Il Dio d’Israele si rivela al suo popolo, ed oggi, anche a noi Gentili (non ebrei), come il solo e vero Dio che si prende cura di coloro che si affidano a Lui. 


Il Buon pastore
In tutta la Sacra Scrittura ci viene rivelato Dio che ama, che viene incontro alla condizione di fallimento dell’umanità e che si distingue dagli antichi e moderni falsi dei.

L’apice di tale dimostrazione di amore è raggiunto con la venuta, l’incarnazione, la morte e la resurrezione del Figlio di Dio Gesù Cristo.


Il Salmo 22(23) è a tutti famigliare: il suo messaggio consolatorio e ben noto persino tra i non credenti.

Questo Salmo fu scritto dal re Davide ed il suo passaggio più famoso è contenuto nel versetto di apertura: “Il Signore è il mio pastore: nulla mi manca“.

Questa breve affermazione ci offre un’altra riflessione sul carattere e sulla natura di Dio: la prima parte del versetto, in ebraico, è “Yahweh-Raah”, che significa il Signore Dio è il mio pastore; quindi, continua con un’immagine idilliaca del gregge tranquillo, senza mancamento di acqua e di erba, senza preoccupazione, né paura.

In abbinamento a questa immagine vi è il passo del profeta Isaia che descrive un gregge formato anche di agnelli fragili, deboli ed instabili; alcune pecorelle hanno difficoltà a camminare, altri soffrono; alcune pecore sono gravide ed altre ancora sono occupate per gli agnellini irrequieti: “Come un pastore Egli pascerà il suo gregge; raccoglierà gli agnelli in braccio, li porterà sul suo petto e condurrà le pecore che allattano” (Isaia 40:11).


In questi versetti Dio ci mostra una caratteristica della sua personalità, la quale desidera ci sia anche nei suoi ministri.

Cosa che nel corso dei secoli è venuta a mancare anche nell'antico popolo di Dio, come vediamo in Ezechiele 34:4 “Voi non avete rafforzato le pecore deboli, non avete guarito la malata, non avete fasciato quella che era ferita, non avete ricondotto la smarrita, non avete cercato la perduta, ma avete dominato su di loro con violenza e con asprezza“.

In Ezechiele 34:6 “Le mie pecore si smarriscono per tutti i monti e per ogni alto colle; le mie pecore si disperdono su tutta la distesa del paese, e non c’è nessuno che se ne prende cura, nessuno che le cerchi!“.

In Geremia 50:6 “Il mio popolo era un gregge di pecore smarrite… avevano dimenticato il luogo del loro riposo“.

Ed ancora Isaia 53:6 “Noi tutti eravamo smarriti come pecore...“.


In quest’ultimo versetto, il “noi tutti” è riferito anche a me e te, che apparteniamo al gregge del Signore, ci siamo noi, i nostri fratelli, i nostri conduttori; ci sono credenti giovani che continuano ad inciampare ed a cadere; altri rallentano il loro cammino per portare i più giovani; altri sono ammalati, hanno bevuto acqua contaminata dalla fonte di qualche falso pastore; altri ancora se ne vanno in giro feriti; altri sono rimasti storpiati a causa dei vizi e delle concupiscenze; altri sono nudi, sono stati tosati da falsi pastori…

Tutte queste pecore malate e spezzate sono state riportate nel gregge dal Pastore stesso: Gesù (il capo della Chiesa); le ha dovuto prenderle, caricarle sulle sue spalle e riportarle al gregge.

Questo è il ruolo e la caratteristica del nostro grande Pastore, una caratteristica che giustamente gli da il titolo di Buono; come dice in Ezechiele 34:11-16 “Infatti, così dice Dio, il Signore: Eccomi! Io stesso mi prenderò cura delle mie pecore ed andrò in cerca di loro; come un pastore va in cerca del suo gregge il giorno in cui sarà tra il suo gregge disperso, così io andrò in cerca delle mie pecore e le condurrò da tutti i luoghi dove sono state disperse in un giorno di nuvole e di tenebre. 
Io le pascerò in buoni pascoli ed i loro ovili saranno sugli alti monti d’Israele; esse riposeranno là in buoni ovili e pascoleranno in grassi pascoli sui monti d’Israele.
Io stesso pascerò le mie pecore, io stesso le farò riposare, dice Dio, il Signore.
Io cercherò la perduta, ricondurrò la smarrita, fascerò la ferita, rafforzerò la malata…
Io salverò le mie pecore ed esse non saranno più abbandonate alla rapina; giudicherò tra pecora e pecora.
Porrò sopra di esse un solo Pastore che le pascolerà: il mio servo Davide; egli le pascolerà, egli sarà il loro pastore“.

Ancora una volta Dio parla chiaramente della necessità di un vero pastore che vigili sul suo popolo.

Naturalmente in Cristo Dio ha realizzato e realizza continuamente, anche questa sua promessa.

Gesù è il Buon Pastore che nutre e protegge il suo gregge.

Questa è una profezia che si realizza spiritualmente in Cristo e che si realizzerà materialmente per il popolo d’Israele, alla Resurrezione dei giusti.

Tutti coloro che hanno ricevuto una vita nuova in Gesù Cristo possiedono la cittadinanza celeste e, di conseguenza, sono diventati stranieri in questo mondo. 


Accogliere Gesù
Sono pellegrini di passaggio e aspirano alla patria eterna dove il Signore li attende.

Un tempo anche Lui era qui, tra di noi, mandato dal Padre per riscattare l’umanità perduta.

Il Vangelo di Giovanni ci riporta così: “La vera luce che illumina ogni uomo veniva nel mondo.

Egli era nel mondo; e il mondo fu fatto per mezzo di Lui, ma il mondo non l’ha conosciuto” (1:9-10).

Continuando a leggere il seguito del passo, ci scontriamo con qualcosa di completamente fuori dalla norma: “E’ venuto in casa sua e i suoi non l’hanno ricevuto…” (Giovanni 1:11).


In tutte le culture del mondo, il rientrare a casa, a casa propria, è generalmente sempre vincolato al calore famigliare, alla sicurezza, all'amore e all'affetto.

Gesù, però, non fu accolto così, e questo proprio “in casa sua”.

Era venuto nel mondo, creato da Lui stesso, in mezzo al suo popolo eletto, Israele. 

Tutta la Legge, la religione e la tradizione di quella nazione si protraeva verso il Messia che attendevano.

Adesso che era arrivato, non lo riconoscono, non lo ricevono, anzi, lo rifiutano.

Infatti, il suo parlare è “nuovo”, estraneo alla dottrina abituale.

Il suo agire mette in crisi i devoti e i capi religiosi; questo “straniero” meraviglia e fa arrabbiare.


Ma, ai nostri tempi, come è accolto il Signore Gesù?

Che cosa impedisce all'uomo moderno di riconoscere Gesù come signore della sua vita?

Un’immagine distorta della sua persona, della sua divinità e della sua opera di Salvezza si è insinuata in molte menti e in molti cuori delle persone di oggi; Gesù, per molti, è ancora uno straniero.

Il Vangelo di Giovanni continua: “Ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto, Egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli, cioè, che credono nel suo Nome, i quali non sono nati sa sangue, né da volontà di carne, ne da volontà d’uomo, ma sono nati da Dio” (Giovanni 1:12-13). 


Alcuni sono nati in seno a una comunità cristiana e, così, per tradizione, fanno parte della Chiesa.

Si sente dire: “Siamo sempre stati una famiglia cristiana…“, ma dov'è la relazione intima e personale con Gesù?

Altri si sono fatti convincere sotto l’impulso emotivo in una particolare occasione ad accettare Gesù per alzata di mano, ma passata l’euforia del momento ritornano nella loro vita di sempre.

I più intenzionati si sono voluti impegnare con i loro studi di teologia e conoscenza delle dottrine cristiane, tanto che il loro sapere è ammirato e richiesto.

Ma è Gesù veramente nei cuori di questi?

Nascono da Dio solo quelli che ricevono e accolgono Gesù nei loro cuori, così come ci viene offerto da Dio, dietro un vero pentimento e ravvedimento; perché Dio, che scruta i cuori, vede quali sono le nostre intenzioni e le nostre motivazioni.

Perché il tema aborto dà alla testa a un giovane medico dell’ospedale di Monza al punto da venire alle mani con dei vecchietti pro life che manifestano pacificamente? 


Qualcosa di poco bello sta succedendo alla società

Quattro vecchietti davanti all'ospedale San Gerardo di Monza. 
Pregano e inalberano cartelli ostentando opposizione all'aborto. 
E va bene, questo è uno stile pro life che anche a molti pro life non piace. 
Ma tu sei un medico. Un giovane medico trentenne che ti avvicini a questi quattro vecchietti, ti metti a gridargli addosso. 
Finché non venite alle mani e finite al pronto soccorso. 
Adesso siamo alle denunce e contro denunce.

Ma scusa, vieni alle mani con dei vecchietti? Non è che ci vuole molto a capire che c’è tanta gente – compreso il sottoscritto – che considera questo stile di manifestazioni pro life davanti agli ospedali per niente convincente. Perché? Non c’è bisogno che te lo spieghi. Lo porta con sé l’evidenza.

Il problema è che azzuffarsi con un vecchietto rivela una intolleranza molto seria. E per di più sei un medico! Chiaro che il tema aborto è qualcosa che ti dà alla testa. Ma se ti imbattessi in corsia con un pro life come paziente cosa devo pensare possa accadere?

LEGGI L'ARTICOLO COMPLETO ⇨


Maschere di carnevale


Una brutta caratteristica della società di oggi è che la maggior parte delle persone assorbe facilmente quello che viene proposto, presentato, o pubblicizzato, su mode, tendenze, usi, costumi, feste, eventi, etc..

Il comune denominatore però deve essere lo svago, il divertimento, o qualcosa che porta all'alienamento dal negativismo della monotona vita di ogni giorno, o dalla mancanza di obbiettivi e aspirazioni.

Nella maggior parte di questi casi si riscontra poco interesse e mancanza di desiderio di voler vedere a fondo quello che sta “dietro le quinte”, o di approfondire un eventuale significato storico e culturale di un evento, ricorrenza, o festa che si presenta apparentemente piacevole.


Con queste caratteristiche possiamo benissimo catalogare il Carnevale dei nostri giorni, che, probabilmente, risale ai tempi degli Egiziani, i quali festeggiavano i loro riti religiosi, cantando e facendo sfilare buoi per sacrificarli al dio Nilo.

Anche al tempo dei Greci si celebrava una festa simile, per ricordare il dio del vino, Dionisio (possiamo immaginare tali svolgimenti, dato che si trattava del dio del vino), arrivando ai “saturnali” dei Romani che, presumibilmente, hanno contagiato la “chiesa cristiana”.

I saturnali duravano circa 7 giorni e, in quel periodo, i romani si lasciavano andare ad ogni tipo di dissolutezza, bevendo e scambiandosi i ruoli, ballando in onore del dio Saturno.


Con questa riflessione, vogliamo evidenziare, in breve, lo spirito (le caratteristiche) del Carnevale, rilevando la gravità e l’immoralità di cui esso è promotore.

Bisognerebbe pure soffermarsi e riflettere su cosa si somministra anche a quei bambini che inconsapevoli accolgono ogni sorta di deliziosa “spazzatura”, perché permessi (anche per ignoranza) dai propri genitori (considerati anche credenti cristiani).


I bambini (che sono abbastanza intelligenti), se comprendessero veramente il significato del festeggiamento del Carnevale non vi aderirebbero molto volentieri, anche per quello che è stato originariamente; purtroppo anche loro subiscono con leggerezza l’influenza dell’ignoranza collettiva.

Molti genitori parlano di perbenismo, di buona educazione, di sani principi morali, della tradizione che accompagna la loro “fede”, ma, proprio in questi, si trova molta incoerenza nella loro vita, adeguando la loro personale valutazione e modo di pensare alla massa corrente e non a quello che insegna la Parola di Dio, base del cristianesimo.

Possiamo definire (giusto in tema) che indossano un vestito di Carnevale.


Non si può stare sempre zitti e dare tutto per scontato davanti a tutta questa superficialità.

Si potrebbe fare di più per estirpare quelle “radici velenose” che sono state trapiantate dentro il cristianesimo: tradizioni nelle tradizioni, che mostrano apparentemente una bella piantina, ma… velenosa.

Il nostro Signore Gesù rilevava nei Farisei i loro difetti e la loro doppiezza, che si manifestava nel loro modo di essere religiosi: una coppa splendente di fuori, ma l’interno pieno di rapina e malvagità (Luca 11:39).


Il nostro Signore Gesù ci mostra anche la realtà in cui stiamo vivendo (di cui il Carnevale è una delle tante e più evidenti), e chiama i credenti a collaborare con Lui per portare la luce della verità in mezzo all'ignoranza e all'ipocrisia.

Anche Dio ha istituito delle feste per il Suo popolo (come possiamo riscontrare nell'Antico Testamento) non per mero divertimento, o per incoraggiare le ubriachezze, le gozzoviglie ed altre cose peccaminose, ma per ricordare e gioire delle Sue liberazioni, per apprezzare la Sua provvidenza e la Sua fedeltà; un’occasione per rallegrarsi e festeggiare con tutto il cuore, in semplicità e senza ipocrisia.

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