Il Blog di Incontrare Gesù

Articoli di attualità, esperienze personali e meditazioni su argomenti etici morali, sulla fede cristiana e sulla religione in generale.

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Una Riflessione di Franco Previte. 

Nel terzo millennio cristiano, il rapporto fede-ragione e condizione sociale, deve porsi alla luce della situazione storica e culturale nella quale si trova l’uomo oggi.
Prendiamo, in breve, a considerare nel rapporto fede e ragione, la Lettera Enciclica Fide et Ratio, del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II° su esigenze e compiti della situazione dell’epoca, fa un’analisi molto approfondita dell’affermarsi del fenomeno della frammentarietà del sapere e del conoscere considerando, molto importante, essere difficile e spesso vana la ricerca del senso (81.cap.7°).

In sostanza una degradazione della ragione senza ricercare la verità una argomentazione dottrinale molto profonda che ci viene consigliata per conoscere ed interpretare il mondo e la vita dell’uomo moderno.
La condizione sociale dell’uomo d’oggi, in una sorte di solidarietà, è capire chi è il nostro prossimo, chi si trova nella necessità di esigenze e se possiamo diventare prossimo dell’altro nella misura in cui condividiamo le sue difficoltà: in una parola come ci comportiamo di fronte a chi è nel bisogno?
Il nostro tempo pare inaridirsi! Forse, per non dire, siamo allo sfascio totale e delle coscienze e del presente?

Una Meditazione di Franco Previte . 

I mass media del 21 febbraio hanno riportato una notizia davvero scioccante in cui un gruppo persone, circa 800, operanti su Facebook hanno posto in mostra una foto di profilo di una bambino down in un gioco di tiro al bersaglio con un proclamato delirio di frasi offensive e denigratorie, protette dall'anonimato, nei confronti di questi sfortunati della vita.
Naturalmente, in tempi brevi sul web è partita una controffensiva a difesa di questi innocenti che si trovano in situazione di maggior debolezza e fragilità.
Purtroppo una certa parte del nostro tempo considera la persona umana pienamente autonoma e svincolata da ogni rapporto con la legge religiosa e con quella sociale, mentre l’uomo tende a porsi al centro dell’universo.

Non possiamo non dimenticare il progressivo dissolversi dei valori etici che sfide pericolose, come nel caso esposto, tendono a distruggere le famiglie ed i singoli, ma amareggia ed angoscia che si va sviluppando e progressivamente aumentando, un relativismo, un permissivismo smodato che dilaga, modifica e mortifica la dimensione etica della vita.
Il materialismo, il consumismo, l’edonismo e l’erotismo più sfrenato corrono e concorrono a formare un superficialismo assoluto, un substrato privo di un fondamento di civiltà morale che non ci stupisce più di tanto, ma, ripeto, amareggia il constatare una siffatta realtà sociale che a volte viene accettata.
Tutti gli uomini di buona volontà, soprattutto noi cattolici, dobbiamo tenere alta la coscienza di tutela della dignità umana, la grandezza del carattere sacro della vita e di ogni vita ed in qualunque condizione di salute ci troviamo.


Meditazioni

Una Riflessione di Paolo Moretti. 

Rileggendo qualche giorno fa la parabola del figlio prodigo (Luca 15:11-32), mi sono sentito ripreso dal Signore attraverso una particolare riflessione sul comportamento incoerente del figlio-fratello maggiore.
Egli “si trovava nei campi” al momento del ritorno del fratello a casa, non era quindi in giro a passeggiare, né stava svolgendo altre attività con cui riempire il suo tempo libero.
Era “nei campi” a lavorare, a sudare nei terreni del padre, ad esprimere in questo modo impegno, fatica, servizio.

Chi lo avesse osservato con attenzione, lo avrebbe giudicato un eccellente servitore del padre, un vero modello da prendere come esempio!
Ma poi, quando, tornando come ogni sera a casa, udì un insolito suono di musica e di danze e venne informato che il padre stava facendo festa per il ritorno a casa di suo fratello, “egli si adirò e non volle entrare”.
Ovviamente questo rifiuto ha, nel contesto immediato della parabola, lo scopo di portare a riflettere i farisei e gli scribi sul loro analogo rifiuto di condividere la festa del Figlio di Dio che “accoglie i peccatori e mangia con loro“: una festa che si estende dalla terra al cielo, dove “v’è gioia davanti agli angeli di Dio”.

Una meditazione di Paolo Moretti. 

Mi è capitato più volte, negli ultimi mesi, di sentire commenti lusinghieri anche in ambito evangelico in relazione agli appelli ripetuti in più occasioni dal nuovo pontefice ad “aprire il cuore a Cristo”, appelli che si erano sentiti più volte anche sulla bocca del suo predecessore.
Quando si sente parlare di “centralità di Cristo” o del “bisogno dell’uomo di guardare a Cristo”, è possibile rimanere colpiti positivamente.
Non è, questo, lo stesso messaggio che anche noi annunciamo?
Non andiamo anche noi sulle piazze, per le strade e sotto le tende ad annunciare che gli uomini hanno bisogno di Cristo e che, se vogliono davvero conoscere il dono di una vita purificata e rinnovata devono convertirsi ed aprire il loro cuore a Lui?
Che finalmente anche a Roma qualcosa o qualcuno si stia muovendo verso nuove direzioni?

Purtroppo, niente di tutto questo.
Infatti, se andiamo al di là delle parole in sé pur belle e se scopriamo l’intenzione e l’obbiettivo che i due pontefici in questione hanno avuto nel pronunciarle, ci rendiamo conto che esse hanno un significato ben diverso da quello che noi normalmente pensiamo.
L’intenzione è quella di chiamare i fedeli ad accostarsi all’Eucarestia, nella quale “è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo” (art. 1324 Catechismo Chiesa Cattolica).
È nell’Eucarestia che Cristo si rende presente nella Chiesa (cattolica romana) ed è quindi attraverso l’Eucarestia che è possibile riceverlo nel cuore.

“Aprite i cuori a Cristo” equivale quindi a dire: “Accostate i cuori all’Eucarestia!”.
L’obbiettivo è invece quello di legare le persone alla Chiesa (cattolica romana).
Se infatti “Cristo è racchiuso nell’Eucarestia” e se l’Eucarestia è patrimonio della Chiesa che la possiede e la dispensa, è ovvio che per ricevere Cristo occorra entrare a far parte della Chiesa (cattolica romana).
Scopriamo così che, quando si parla di “centralità di Cristo”, in realtà si ha in mente “la centralità della Chiesa”, che lo “racchiude” e lo “dispensa”.
Il “Cristo”, al quale si invita ad aprire il cuore e ad accostarsi, è in realtà un oggetto, un idolo, un feticcio.

Qualche sera fa le campane del mio paese suonavano a distesa, in modo davvero inusuale.
Ho scoperto, qualche giorno dopo, che quella sera era in programma un incontro di “adorazione dell’Eucarestia”: tutti in ginocchio – immagino – a pregare davanti al cosiddetto “santissimo”!
Che tristezza!
Dopo la risurrezione di Gesù, due discepoli lo riconobbero nel momento in cui “prese il pane, lo benedisse e lo spezzò”, ma quando Gesù scomparve alla loro vista, pronunciarono queste note parole: “Non sentivamo forse ardere il nostro cuore dentro di noi mentre egli ci parlava per via e ci spiegava le Scritture?” (Luca 24:30-32).
Si rammaricavano perché i loro cuori non si erano infiammati durante l’ascolto della Parola, ma non fanno alcun accenno al momento della rottura del pane, dell’Eucarestia!?
È l’ascolto della Parola che fa ardere i cuori ed è attraverso l’ubbidienza ad essa che i cuori possono aprirsi a Cristo, per essere purificati, trasformati e radicalmente rinnovati.

In quello stesso racconto, Luca ci ricorda che Gesù, “cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (24:27), e che più avanti ricordò ai discepoli: “Queste sono le cose che io vi dicevo quand’ero ancora con voi, che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi” (24:44).
Cristo si rivela a noi come il Vivente, e cessa così di essere “un idolo”, soltanto quando lasciamo che egli parli ai nostri cuori attraverso la sua Parola illuminata dalla convinzione dello Spirito Santo.
È ascoltando la sua Parola che i cuori si aprono a lui per accoglierlo e per donargli la centralità nella propria vita.
È la stessa Parola che illumina la nostra mente e ci guida a discernere che parole giuste nascondono un significato errato.
Di questo discernimento abbiamo oggi quanto mai bisogno!

Evangelizzazione

Una messaggio di Rosaria Schimmenti. 

E' Dio vivo in noi e nel mondo?
La Sua pace, il Suo amore e le Sue leggi dimorano nel nostro cuore? Nelle nostre famiglie e nel nostro paese?
O stiamo correndo in cerca di benessere, pace e felicità senza la bussola dei Suoi comandamenti? (Proverbi capitolo 3).
Non possiamo eliminare i problemi che ci affliggono se non usiamo la chiara e sicura bussola morale che Dio ci ha fornito tramite la Sua Parola.
Il peccato non è stato mai felicità, così anche la malvagità, perché violano la legge sacra che governa tutta la creazione, inclusi noi che facciamo parte di essa.
Siamo stati creati per vivere nella legalità, nel rispetto reciproco e nel far moltiplicare i doni che Dio ci ha elargito.

La prova tangibile che abbiamo bisogno di bene è evidenziata anche dal fatto che, quando abbiamo dei veri amici e dei buoni rapporti con il prossimo, siamo più sereni.
Questo dovrebbe essere il nostro obbiettivo principale, impegnarci affinché questo si realizzi.
Nel corso della storia umana, Dio ha inviato per prima dei profeti per istruirci, infine ha mandato Suo Figlio.
Nell'occasione della trasfigurazione di Gesù, sul monte santo, Dio ci ha parlato direttamente dal cielo.
Abbiamo dei testimoni a riguardo, i tre Apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni; questi sono stati invitati da Gesù a salire sul monte, con Lui, e lì apparvero loro Mosè ed Elia, i quali parlarono con il Signore, avvolti da una luce, e si udì la voce dal cielo che diceva: “Questo è il mio Figlio diletto, ascoltatelo!” (Luca 9:35).


Testimonianze

Un Messaggio di Patrizia Eydallin. 

Dal natale mi aspetto di poter solo ringraziare Gesù perché è nato. Qualsiasi sia la data, sta di fatto che è nato, e dal momento che credo senza ombra di dubbio che Egli è il mio salvatore, voglio solo mostrargli la mia gratitudine per ogni benedizione, guida, amore, appagamento, consolazione e... felicità che solo lui mi ha dato.
Sono io ora che voglio fare un regalo a lui, poiché mi ha donato tutto ed è sempre con me, così gli voglio donare il mio cuore e portare l'amore a chi non l'ha, il Suo amore che ha messo in me, e voglio che tutti conoscano che meraviglioso Dio e meraviglioso Salvatore abbiamo, che la vita è vera vita, anche se non siamo ancora in paradiso, che vale la pena di viverla, perché dobbiamo e vogliamo dargli la gloria come Lui merita, e non è nulla in confronto al suo amore per noi.

La Sua parola ci narra la Sua storia, la Sua meravigliosa opera, e noi, che per grazia Sua l'abbiamo accettata, abbiamo una vita trasformata, abbiamo la Sua pace nel cuore e abbiamo la consapevolezza interiore che gli.
Le tenebre non ci appartengono più, Gesù ha dato la vita per noi, è risorto e noi siamo risorti con lui, non sono parole ma dati di fatto... che meraviglia è appartenere a Lui e aspettare il Suo ritorno!
Quindi Buon Natale a tutti!
Non pretendiamo solo doni, ma amiamo Gesù, come merita, infatti Lui ci ha fatto il dono più grande che ogni uomo possa ricevere.
Una riflessione di Amedeo Bruno. 

Cosa sta succedendo oggi in Iran?
In questo paese dove i cristiani sono duramente perseguitati e il cui presidente ha lanciato, sin dal suo insediamento, una campagna diffamatoria e denigratoria contro Israele?
Questa nazione è governata col pugno di ferro dagli ayatollah (capi religiosi) da quando, nel 1979, avvenne la cosiddetta rivoluzione islamica il cui massimo promotore fu l’ayatollah Khomeini.

Nel mese di giugno 2009 si sono tenute le elezioni presidenziali nelle quali è stato riconfermato il presidente uscente Ahmadinejad.
Ma da più parti si è parlato di brogli elettorali e si è detto che i risultati sono stati falsificati e, presumibilmente, se fossero stati attribuiti ai candidati il numero di voti effettivamente ricevuti, Ahmadinejad non sarebbe stato rieletto.
Il popolo iraniano, sfidando il regime, ha dato luogo a imponenti e continue proteste durate giorni e giorni, ma alla fine il verdetto non è cambiato.
Molti oppositori sono stati imprigionati, uccisi, torturati e processati.

Dopo un paio di mesi di proteste, la guida spirituale suprema dell’Iran, ayatollah Khamenei, ha incoronato Ahmadinejad quale presidente riconfermato della repubblica islamica.
Gli iraniani hanno mostrato grande coraggio dimostrando il loro dissenso e andando incontro alla dura reazione del regime, ma tutte queste manifestazioni di protesta, sebbene non hanno fatto cambiare il risultato delle elezioni, sicuramente hanno fatto tremare e impaurire la classe dirigente dell’Iran.


Meditazioni

Una Riflessione di Luca Pinna. 

Alla luce degli attuali risultati si può considerare questo dantesco dilemma come un vero e proprio dramma sociale che si consuma nel cuore degli uomini sin dalla notte dei tempi.
La storia del resto ci insegna che l'umanità, ha sempre avuto il malsano gusto o la necessità di apparire al di sopra del proprio prossimo, ma causandone così fatali discapiti di ogni genere.
L'uomo che per natura avverte la necessità di dover apparire, con molta probabilità è un debole o un insicuro verso tutto ciò che gli gira attorno.

Questa riflessione non ha assolutamente nessuna velleità di voler essere una lezioncina di psicologia, ma piuttosto ha lo scopo di porre l’attenzione su alcune persone che vivono ovunque, con chiunque, fuorché nella grazia del Signore, nostro Dio.
Viene naturale pensare che gli uomini che ricorrono all’esibizione del proprio essere, di certo non devono aver mai aperto un libro sacro, un testo qualsiasi dove fossero citate le sacre parole del Vangelo, e dove, leggendole, si sarebbero certamente accorti che il Signore pone sempre le Sue più misericordiose attenzioni verso i più deboli.
Proprio verso le anime come loro, le più bisognose, esattamente come colui che vi scrive.

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