Ripristinare l'ebraicità del Vangelo.
AI tempo di Paolo, la comunità ebraico-cristiana si confrontava con I'ingresso dei Gentili; oggi la Chiesa cristiana, in maggioranza Gentile, deve fare molta più attenzione a non paganizzare gli Ebrei.Ma cosa significa ripristinare l'ebraicità del Vangelo?
Per esempio, significa riconoscere l'essenza ebraica del suo contenuto: prendere consapevolezza che tanti concetti che noi cristiani abbiamo ritenuto "nostri", sono invece ben più antichi, provengono da un'eredità ebraica, sono, per loro stessa natura, ebraici.
Il primo è il concetto di Messia, di cui tutta la Scrittura ebraica (Antico Testamento) ci attesta.
Lo stesso concetto di Nuovo Patto è una promessa che viene prima stabilita per la Casa d'Israele (Geremia 31:27-40), poi per i Gentili.
La stessa effusione dello Spirito Santo è stata profetizzata prima per i Giudei (Isaia 44:3; Ezechiele 36:22-26), poi per gli altri popoli (Gioele 2:28-29).
Così si è realizzata la promessa: prima per i Giudei (Atti 2:1-5) e poi per i Gentili (Atti 10:44-45).
Ripristinare l'ebraicità del Nuovo Testamento significa riconoscere che il cristianesimo fu, prima di tutto, un fatto ebraico: Gesù è il Messia ebreo che radunò a se 12 apostoli, Ebrei messianici, che in Atti 1:15 divennero 120, poi 3.000 (Atti 2:41), poi 5.000 (Atti 4:4)...
Tutti questi erano Ebrei e il loro numero continuava a moltiplicarsi (Atti 9:31), fino ad arrivare al capitolo 11:26 del libro degli Atti dove è scritto che "... Ad Antiochia, per la prima volta, i discepoli furono chiamati cristiani...", meshichim, messianici, in ebraico, perché fino allora erano semplicemente dei Giudei.
L'apostolo Paolo afferma, in Romani 11:18: "... Che non sei tu che porti la radice, ma è la radice che porta te..." e, poiché sta parlando di Israele, possiamo in tutta onestà affermare che Israele è la radice che ci porta.