La negazione e l'impedimento ad ogni costo e con ogni mezzo all'esistenza ed allo sviluppo di uno stato ebraico è una realtà che classificandola, anche per convenienza, come un problema politico ed etnico-razziale, volendo anche ignorare il fattore spirituale-religioso, è pur sempre una ingiustizia contro la democrazia e contro l'auto determinazione di uno stato, e quindi non si dovrebbe mai accettare e tanto meno sostenere.
L'11 maggio 1949 lo Stato d'Israele fu ammesso alle Nazioni Unite quale suo cinquantanovesimo membro.
Da allora, esso ha partecipato ad un'ampia gamma di operazioni, ha giocato un ruolo attivo nel lavoro dell'organizzazione nel suo complesso e delle ONG che operano sotto gli auspici delle Nazioni Unite.
Ciononostante, le relazioni tra Israele e Nazioni Unite non hanno mai avuto vita facile.
È il 1948 quando l'ONU dichiara fieramente l'intento di perseguire i principi e lo spirito dell'organizzazione che l'ha preceduta (la Società delle Nazioni), riconoscendo l'antico legame del popolo ebraico alla Terra d'Israele e decidendo la creazione di uno stato ebraico in Palestina.
Sarebbe improprio ridurre la fondazione dello Stato ad una scelta o persino ad una concessione della comunità internazionale.
Piuttosto, essa rappresentò la realizzazione del sogno millenario del popolo ebraico, degli sforzi della diplomazia sionista e dei pionieri che in Palestina edificarono il focolare nazionale ebraico.
Eppure, sono le Nazioni Unite a sostenere la sovranità nazionale ebraica.