Persecuzione in Pakistan

False accuse di blasfemia. 
In Pakistan la legge 295 sulla blasfemia è spesso manipolata contro cristiani innocenti, coinvolti in dispute con musulmani sulla proprietà o su altri argomenti.
Anche se il caso di Asia Bibi ha ricevuto l'attenuazione internazionale come prima donna pakistana a ricevere una sentenza di morte sulla base della legge 295, c'è un altro giovane cristiano che è in carcere con accuse di blasfemia dal primo luglio 2009.
Imran Ghafur ha ricevuto una condanna all'ergastolo nel gennaio del 2010 per avere, secondo l'accusa, dissacrato un Corano.

Nel 2009 Imran lavorava nella piccola bottega della sua famiglia a Faisalabad, e per i 15 anni pre­cedenti il suo vicino musulmano, Haji Liaqat Abdul Ghafoor, ave­va gestito un piccolo negozio di ferramenta proprio alla porta ac­canto.
Haji Liaqat era un musul­mano devoto che si opponeva du­ramente ai cristiani, specialmente a Imran, a suo padre e a suo fra­tello.
Il primo luglio 2009 Haji Liaqat vide Imran bruciare alcuni fogli nel suo negozio, e lo accu­sò di aver bruciato le pagine del Corano.

Cominciò a gridare che Imran aveva dissacrato il Corano e che aveva bestemmiato l'Islam e Maometto.
Una folla di mu­sulmani inferociti, senza sapere nulla di ciò che era accaduto, ha attaccato Imran, picchiandolo selvaggiamente; hanno distrutto e razziato il suo negozio e poi lo hanno consegnato alla polizia.
I vicini descrivono Haji Liaqat come un musulmano fanatico, che fa parte di un gruppo di militanti estremisti islamici.
La polizia, tempo dopo, lo ha accusato di aver indebitamen­te utilizzato un altoparlante di una moschea per aizzare la folla che si era radunata.

Dopo l'arresto di Imran, la folla continuava a crescere davanti alla stazione di polizia; cominciaro­no a gridare in coro: "Impicca co­lui che dissacra il sacro Corano; i cristiani sono cani!".
Infine Imran fu condannato all'er­gastolo e a una multa di 100.000 rupie, circa 1.200 dollari ameri­cani.
La Missione per la Chiesa Perseguitata ha aiutato la fami­glia di Imran, e lo scorso anno gli ha procurato anche un nuovo avvocato, che ha redatto l'istan­za di appello alla Corte supre­ma contro la sentenza.
Da due anni del il suo arresto, Imran è rinchiuso nella Prigione centrale di Faisalabad.

Chiese distrutte.
Semplici dispute tra cristiani e musulmani in Pakistan diventano spesso violente perché i musul­mani vedono i cristiani come in­fedeli che non meritano gli stessi diritti della maggioranza musul­mana.
Lo scorso novembre il Pastore Sarwar Masih della Chiesa "Re dei Re", vicino a Labore, è stato affrontato da un vicino arrabbia­to.
"Tu non puoi costruire una chiesa in quest'area!", ha intimato Muhammad Habib Bhatti al pa­store.
"Noi abbiamo una moschea in questo villaggio, e non c'è ne­cessità di costruire una chiesa".
Qualche giorno più tardi, il 15 novembre, Muhammad Bhatti e altre otto persone sono entrate in chiesa vestiti da agenti di polizia e hanno cominciato a gridare ai cristiani.

"Facevano cori e ci minacciavano", ha riferito un testimone, "dicendo: 'Se qualcu­no esce dalla propria casa per cer­care di fermarci, lo uccideremo'".
Poi quegli uomini hanno cominciato a lanciare pietre e mattoni, uno dei quali ha colpito un bimbo di tre anni alla testa.
Infine, è giunto un bulldozer che ha demolito l'edificio della chiesa.
Alcuni musulmani arrabbiati hanno anche bruciato pagine della Bibbia.
Più tardi, un dignitario locale ha offerto ai membri della chiesa 50.000 rupie, circa 600 dollari, per dimenticare l'incidente.
I cristiani hanno rifiutato e hanno chiesto invece che gli aggressori fossero arrestati.
I cristiani hanno confermato che molti dei loro vicini mu­sulmani non avevano obiezioni alla costruzione della chiesa e alle loro riunioni di preghiera.

Cristiani cacciati dalle loro case.
La famiglia di Fareed Masih è una delle sette famiglie cristiane che vivono nella cit­tà di Kot Radha Kishan.
Qui i cristiani non hanno una chiesa né un pastore, così Fareed tempo fa decise di tenere gli studi bi­blici e i culti in casa sua.
Ma come il numero dei partecipanti cristiani cresceva, così cresceva anche l'irritazione di al­cuni musulmani, vicini di casa di Fareed.
A loro non piacevano le preghiere e la musica di lode che proveniva dalla casa di Fareed, e inti­marono a lui e agli altri credenti di interrompere le riunioni.
Presto Fareed divenne l'obiet­tivo dei loro attacchi; è stato spesso malmenato, preso a calci e anche colpito con un coltello da fanatici musulmani.
Nonostante gli attacchi, Fareed non fu dissuaso dal tenere incontri di preghiera regolari in casa sua.

Un giorno i fanatici musulmani irruppero in casa sua, dove fami­liari e parenti si erano riuniti per pregare e per celebrare il com­pleanno di suo figlio.
I militanti picchiarono Fareed e sua moglie e intimarono ai presenti di smet­tere di pregare e di convertirsi all'Islam.
Infine presero possesso della casa di Fareed, obbligando lui e la sua famiglia ad andare ad abitare a casa dei suoi parenti.
Fareed, inoltre, ha perso il suo la­voro come conducente di risciò, a causa delle sue attività cristiane. Sotto la fortissima pressione da parte degli islamisti, alcu­ni cristiani si sono convertiti all'Islam, ma Fareed e la sua famiglia rimangono fermi nel­la fede.
Lui continua a guidare l'adorazione e gli studi biblici, ora in un altro luogo.
La Missione per la Chiesa Per­seguitata in Pakistan sta aiutan­do economicamente la famiglia di Fareed, e gli ha procurato un risciò tutto suo, in modo che possa sostenere la propria famiglia col suo lavoro.

Fonte: Missione per la Chiesa Perseguitata

Giuseppe

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