Madre Teresa di Calcutta... un fallimento?

Una riflessione di Nicola Scorsone. 

Sono oramai notorie le crisi di fede di Maria Teresa, raccontate nel libro: “Mother Teresa: Come Be My Light”, uscito il 4 settembre negli Stati Uniti., che racconta di alcuni estratti della corrispondenza tra la missionaria e i suoi confessori e superiori, in un arco temporale di 66 anni.
Le lettere rivelano la crisi spirituale della religiosa nell’ultimo cinquantennio della sua vita, durante il quale non avvertiva la presenza di Dio.
“Padre”* Brian Kolodiejchuk, editore e curatore del libro, scrive che “non sentiva la presenza di Dio né nel suo cuore né nell’eucaristia”.

Infatti ad un suo confessore spirituale, il “reverendo” Michael van der Peet, scriveva:
“Gesù ha un amore molto speciale per te.
Ma per me, il silenzio e il vuoto è così grande che io lo cerco e non lo trovo, provo ad ascoltarlo e non lo sento”.
Certamente umanamente non si può negare il grande sollievo che Maria Teresa con la sua missione ha portato ai poveri dell’India. Possiamo ben dire che è stata un esempio mondiale.
Però, prima di tutto Gesù categoricamente apostrofava che vi è uno solo che può generare spiritualmente e prenderne gli appellativi che ne conseguono, Dio (Matteo 23:8-10).

Secondo non c’è uomo che riscattato col sangue di Cristo, suggellato dallo Spirito Santo e fatto partecipe della natura divina (2Pietro 1:4), senta poi aridità, buio, vuoto immenso, angoscia, tristezza...
Certo la vita spirituale è un grande combattimento (Efesini 6:12), vi è dolore, lacrime e a volte scoraggiamento, ma mai più sensazioni di vuoto interiore, come i paragoni che evidenzieremo tra Maria Teresa e l’apostolo Paolo.

Teresa: “Mio Dio, come fa male questa pena sconosciuta; una sofferenza continua, mi hai respinta, mi hai gettata via, vuota, senza fede, senza amore...
Perfino quaggiù nel profondo, null’altro che vuoto e oscurità.”
Paolo: “Sono persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potenze, né altezza, né profondità, né alcun'altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore” (Romani 8:38-39).
Teresa: “Il cielo non significa niente per me: mi appare un luogo vuoto!”.
Paolo: “Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore... Infatti per me il vivere è Cristo e il morire guadagno... ho il desiderio di partire e di essere con Cristo, perché è molto meglio” (Filippesi 1:21-23; 3:20).
Teresa: “Per che cosa mi tormento? Se non c’è alcun Dio non c’è neppure l’anima, e allora anche tu, Gesù, non sei vero... ”.
Paolo: “Per la grazia di Dio io sono quello che sono...” ora “Se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati... Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini.
Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti” (1Corinzi 15).
Teresa: “Io non ho alcuna fede. La salvezza delle anime non mi attrae”.
Paolo: “Ecco perché sopporto ogni cosa per amor degli eletti, affinché anch'essi conseguano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna... per salvarne ad ogni modo alcuni faccio tutto per il vangelo, al fine di esserne partecipe insieme ad altri” (2Timoteo 2:10; 1Corinzi 9:22-23).

Infine Maria Tersa è stata paragonata a santa Teresa di Lisieux, che sul letto di morte mormorava: “Non credo alla vita eterna...”.
Paolo: “Sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d’uomo, eterna, nei cieli” (2Corinzi 5:1). Per tanto, niente tristezza, “Rallegratevi e giubilate”, diceva Gesù, “perché il vostro premio è grande nei cieli” (Matteo 5:12).
Queste riflessioni non sono per buttare discredito su Teresa o altri, anzi siamo profondamente addolorati quando sentiamo di qualcuno che passa una triste esistenza senza la vita, la pace e la gioia di Gesù, pertanto il fine che questo articolo si propone è quello di portare a riflettere sulla propria vita spirituale, affinché non si possa cadere in illusioni inutili.

Gesù disse: “Attenti dunque a come ascoltate: perché a chi ha, sarà dato; ma a chi non ha, anche quello che pensa di avere gli sarà tolto” (Luca 8:18).
Quindi anche l’illusione di avere la vita eterna per qualche nostro merito, ci verrà tolta. Infatti sta scritto: “Se distribuissi tutti i miei beni per nutrire i poveri, se dessi il mio corpo a essere arso, e non avessi amore, non mi gioverebbe a niente” (1Corinzi 13:3).
Umanamente, dunque, si potrà arrivare a fare questi estremi, ma se non si ha il vero amore, quello di Dio, se non si è salvati per i meriti di Gesù, tali azioni davanti alla giustizia di Dio, divengono un “nulla”, e si rimarrà sempre vuoti, tristi, senza fede, senza speranza e perduti.

In un documentario televisivo facevano vedere Maria Teresa che andava attaccando sul petto dei poverelli medagliette in alluminio raffiguranti la Madonna.
Purtroppo non portava la Parola di Dio, ma ha riempito l’India di statue e medagliette di madonne.
Per riempire il vuoto dell’anima l’apostolo Pietro predicava che vi è un solo indirizzo, un solo nome, Gesu:
“In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati” (Atti 4:12).

Anche “San” Pio di Pietrelcina, nonostante le folle che lo circondavano e gli infiniti presunti miracoli, nelle sue lettere inviate ad alcuni confratelli di fiducia, diceva di non sentire più Dio, piuttosto lo considerava un nemico perché l’aveva abbandonato.
Mentre avvertiva nella sua mente e nel suo cuore un deserto senza luce, la preghiera stessa diveniva per lui un tormento.
Diversi Vescovi e Cardinali, come Rino Fisichella, vescovo ausiliare di Roma e rettore della Pontificia Università Lateranense, tramite i mass-media hanno giustificato le crisi di fede di molti religiosi paragonandoli all’agonia di Gesù quando gridò: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” (Matteo 27:46).

Aggiungendo che il dubbio appartiene alla vera santità. Credo che loro vivendo le stesse esperienze, queste parole non sono altro che un’auto falsa consolazione, per le loro crisi di non
fede.
Poiché il dubitare è sinonimo d’infedeltà, di tradire una fiducia, del non credere, in sintesi mettere in dubbio le sante e sicure promesse di Dio.
Gesù nel Suo grido in croce non esprimeva certamente questi sentimenti, ma detti “santi” si. Le Sante Scritture ci esortano: “Abbiate pietà di quelli che sono nel dubbio; salvateli, strappandoli dal fuoco” (Giuda 22-23).
Cioè quelli che vivono nel dubbio, non vivono in uno stato di grazia ma di giudizio, ed hanno bisogno di essere salvati, altro che: “Dubbio = a vera santità”.

Una volta un prete nella sua crisi di fede cercò sollievo andando a confessare i suoi peccati da un’altro collega.
Ma alla fine quando gli fu detto: “Io ti assolvo, vai in pace”, chiese: “Io vorrei che la pace che mi offri, la possa sentire sempre, invece neanche arrivo alla porta che mi sento peggio di prima”.
Al che il suo confessore gli disse: “Non posso darti quello che neanche io ho!” Così scopri che anche il suo confessore stava in peggiore condizione della sua.
Ma quando un giorno udì il messaggio potente di Gesù: “Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti” (Giovanni 14:27).

Lo accettò con tutto il cuore, confessò i suoi peccati a Cristo che gli furono tutti quanti perdonati, è una grande pace e una grande luce inondarono il suo cuore.
Si spoglio quindi di ogni simbolo religioso senza vita, è andò a predicare con gioia infinita, la Buona Novella della salvezza per il mondo.
Un giorno Federico il Grande di Prussia tenne un banchetto al quale era presente anche Voltaire, il filosofo francese.

Voltaire, che era un famoso scettico, iniziò a irridere i cristiani presenti. Alla fine esclamò: “Io venderei il mio posto in cielo per una moneta prussiana!”.
Ci fu un attimo di silenzio. Poi uno degli ospiti si alzò dal proprio posto e disse: “Signore, voi siete in Prussia, dove la legge prevede che chi vende qualcosa debba prima provare di esserne il proprietario. Siete in grado di dimostrare di possedere un posto in cielo?”
Sorpreso e imbarazzato, Voltaire che di solito era un segace dissacratore, non aprì bocca per il resto della serata.
Come è diversa la situazione di quanti sono stati uniti a Cristo mediante la fede! Siamo certi di avere un posto in cielo, e le Sante Scritture confermano ciò in modo categorico: “Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore con cui ci ha amati, anche quando eravamo morti nei peccati, ci ha vivificati con Cristo (è per grazia che siete stati salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere nel cielo in Cristo Gesù” (Efesini 2:4-6).


La questione spirituale del nostro cuore e del nostro posto in cielo non è qualcosa da sottovalutare o da delegare ad altri, poiché ne vale della nostra esistenza eterna.
Se il nostro cuore fisico, che dura un tempo, si ammala, non prenderemo la cosa con superficialità, o delegheremo il problema ad altri, ma ce ne occuperemo con premure personalmente.
Non solo, per la sua guarigione saremo certamente disposti ad andare fino in capo al mondo. Tanto più dovremmo occuparci con premura per la nostra anima, che esisterà eternamente con Dio o lontano da Dio.

Purtroppo la terapia per la guarigione dell’anima e della nostra salvezza eterna le religioni l’hanno fatta diventare come qualcosa di impossibile e complicato, con tante cose da fare e da non fare, con l’inevitabile risultato triste, vago e incerto per come lo esternava Maria Teresa di Calcutta.
Ma Gesù non è venuto per complicarci la vita, con infiniti gravosi pesi religiosi, ma a liberare e salvare i peccatori (1Timoteo 1:15), da ogni peso.
Infatti sta scritto: “… «La parola è vicino a te, nella tua bocca e nel tuo cuore»: questa è la parola della fede che noi annunziamo; perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato; infatti con il cuore si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa confessione per essere salvati.


Difatti la Scrittura dice: «Chiunque crede in lui, non sarà deluso». Poiché non c'è distinzione tra Giudeo e Greco, essendo egli lo stesso Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano.
Infatti chiunque avrà invocato il nome del Signore sarà salvato” (Romani 10:8/13).
Infatti il ladrone in croce dopo una breve invocazione: “… «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!»”.
Gesù gli diede una risposta istantanea e piena di CERTEZZA: “… «Io ti dico in verità che oggi
tu sarai con me in paradiso».” (Luca 23:42-43). Con Gesù mai nessuno è rimasto deluso.
Ancora oggi, c’è speranza al Calvario per te, gioia, vita, pace e salvezza eterna.
Te lo auguriamo!

Giuseppe

3 commenti:

  1. Condivido tutto quello che avete scritto e soprattutto faccio mio il passo dove affermate che se si è veramente accolto Cristo non esistono momenti di aridità.

    Io sono stata 4 anni nella Chiesa Cattolica. Ho tentato di inserirmi, essere partecipe, mi sono impegnata al massimo ... ma ho avuto profondi momenti di crisi, dubbi, non riuscivo a sentire Dio ed ero circondata da testimonianze pessime di Fede.

    Ho rischiato di perdere tutto. Ma Dio nella sua infinita misericordia ha voluto finire ciò che aveva iniziato e mi ha fatto avvicinare sempre più alla Sua Parola.

    E adesso lo sento nel cuore come mai prima d'ora. Lode e Gloria a Gesù benedetto nei secoli!!!

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  2. Le parole di Dio hanno portato ricchezza solo alla chiesa.
    Non è bello vedere che proprio dalla chiesa arrivi tanta aridità
    Ai poveri ai marginati non è di sollievo vedere che chi pratica la parola del verbo non vive nella povertà.
    La chiesa predica la carità ma non la fa, quante persone si potrebbero aiutare
    con le loro ricchezze
    Gesù è nato in una stalla e oggi quella stalla è diventata uno Stato ricchissimo

    I miei occhi vorrebbero vedere un po' di giustizia anche su questo mondo.
    Dove tante sono le ingiustizie
    Personalmente mi sono allontanato dalla chiesa, per il comportamento di chi infanga tutti i giorni il nome di Dio ma non mi sono allontanato da Lui e dalla sua Divinità e nessuno mi deve insegnare come pregare.
    Prego con l'unica preghiera che Gesù ci ha lasciato Il Padre Nostro..
    Dio non ha bisogno di intermediari
    per questo non affido nelle mani di nessun uomo terrestre la mia anima
    Lei è molto importante.

    Incontrare Gesù... desidero incontrarlo ma lontano da coloro che dopo duemila anni ancora lo stanno beffeggiando...e nel suo nome hanno costruito uno stato ricchissimo
    tutto l'incontrario di quello che Gesù predicava.

    Scusa il mio commento
    Buona settimana..

    PS io ho messo in pratica i dieci comandamenti e con queste dieci regole ho sempre convissuto.

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  3. Interessante articolo di riflessione. Lasciando comunque il giudizio a Dio, il Giusto Giudice, sorprende enormemente questa "aridità" di Teresa di Calcutta, aridità che ha praticamnete accompagnato la sua vita. Come cristiano, ho soltanto sperimentato "aridità" quando lontano dal Signore. Egli è la Sorgente di acqua viva, e se si rimane attaccati a Lui, non ci puo' essere aridità nella nostra vita, anzi,

    Giovanni 7:38

    Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno».


    Riguardo a Teresa di Calcutta ci sono altri particolari che lasciano perplessi, come il fatto che lei incoraggiava i credenti di altre fedi non a rivolgersi a Cristo, ma a vivere meglio la loro fede, qualunque questa fosse.

    In luce di questo e di tanti altri particolari della sua vita, questa "aridità" non sorprende piu' di tanto.

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