Il nostro tempo pare inaridirsi

Una Riflessione di Franco Previte. 

Nel terzo millennio cristiano, il rapporto fede-ragione e condizione sociale, deve porsi alla luce della situazione storica e culturale nella quale si trova l’uomo oggi.
Prendiamo, in breve, a considerare nel rapporto fede e ragione, la Lettera Enciclica Fide et Ratio, del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II° su esigenze e compiti della situazione dell’epoca, fa un’analisi molto approfondita dell’affermarsi del fenomeno della frammentarietà del sapere e del conoscere considerando, molto importante, essere difficile e spesso vana la ricerca del senso (81.cap.7°).

In sostanza una degradazione della ragione senza ricercare la verità una argomentazione dottrinale molto profonda che ci viene consigliata per conoscere ed interpretare il mondo e la vita dell’uomo moderno.
La condizione sociale dell’uomo d’oggi, in una sorte di solidarietà, è capire chi è il nostro prossimo, chi si trova nella necessità di esigenze e se possiamo diventare prossimo dell’altro nella misura in cui condividiamo le sue difficoltà: in una parola come ci comportiamo di fronte a chi è nel bisogno?
Il nostro tempo pare inaridirsi! Forse, per non dire, siamo allo sfascio totale e delle coscienze e del presente?

Tutti lo vediamo nel rissoso clima di antagonismo sociale e nelle diverse manifestazioni ed argomentazioni culturali e politiche. In questo clima di crisi è necessario che ci riprendiamo, almeno per noi cristiani, certi valori socio-morali che tutti insieme possiamo rifare nostri.
Perché tutto questo dire?
Perché, come afferma il Cardinale Tettamanzi ne “Lo sguardo di Cristo”, un libro che ci incammina nel terzo millennio, “la coscienza è il posto nel quale si elabora concretamente un dialogo dell’uomo con se stesso”, dove si pone maggiore attenzione a quanto avviene nel quotidiano vivere, dove siamo tutti compartecipi e responsabili della verità.
E prendiamo ad esempio, uno dei tanti, quanto avviene quasi ogni giorno dove si citano episodi nei quali si trovano coinvolti gli animali domestici, che vogliamo molto bene, ma bisogna e dobbiamo considerare che anche l’umano essere ha una sua priorità ed un suo valore.
Infatti per il recupero psicologico dei cani, con problemi di comportamento, vi sono centri cinofili dove curano la depressione che significa avvilimento, tristezza, abbassamento di attività e di sensibilità verso stimoli esterni.

Quindi le nevrosi canine hanno maggiore attenzione delle nevrosi delle persone, specie quelle con seri problemi psichici che non sanno dove curarsi, perché le Istituzioni non sanno rispondere a queste esigenze.
Ma non è, altrettanto, un atto di giustizia tutelare la salute di “ogni” cittadino anche di quello handicappato mentale come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività?
E’ un atto di civiltà il rispetto verso gli animali che condividiamo pienamente, ma costituisce una fra le più importanti funzione pubblica della società, dello Stato e delle Regioni quella nel garantire e tutelare a “tutti” i cittadini la salute specificatamente incarnata dall’art.32 della n/s Costituzione, troppe volte richiamata e poco osservata.
Purtroppo, nei riguardi dei sofferenti psichici, è in atto una spietata inefficienza della Sanità Italiana e della Sanità Regionale in questa torre di babele dove non trova spazio una legge-quadro che garantisca anche la sicurezza dei cittadini e la tutela della salute di questi “desaparecidos della nostra civiltà” nella affannosa ricerca di ambiti di giustizia e della ragione.

Areteo di Cappadoccia, medico greco ai tempi di Nerone che dopo Ippocrate fu il migliore conoscitore di malati, quasi 2000 anni fa evidenziò il fatto che la malattia mentale “esplodeva”:
A) nei mesi primaverili ed estivi come quelli più propensi per l’instaurarsi della sintomatologia maniacale;
B) nei mesi invernali ed autunnali quelli in cui è facile vedere insorgere la sintomatologia depressiva.
A quante morti innocenti dobbiamo ancora assistere?

Ed ancora ci si domanda nel proseguo dei tempi e del terzo millennio, è veramente possibile ed ha un senso concepire che con grande naturalezza non si dia corso ad una estrema esigenza urgente e necessaria nella ricerca di rimedi legislativi, nonché sanitari, per una malattia di evidente rilievo sociale che ci riguarda tutti e molto da vicino la cui risoluzione è voluta grandemente dall'opinione pubblica?
Innanzi al grave attentato, l‘egoismo, contro l’uomo d’oggi, tutti, in speciale modo le Istituzioni e nessuno escluso, abbiamo la responsabilità di un severo esame di coscienza.
Sono state suonate le trombe, ebbene dobbiamo rispondere con le nostre campane!

Giuseppe

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