Apparire o essere


Meditazioni

Una Riflessione di Luca Pinna. 

Alla luce degli attuali risultati si può considerare questo dantesco dilemma come un vero e proprio dramma sociale che si consuma nel cuore degli uomini sin dalla notte dei tempi.
La storia del resto ci insegna che l'umanità, ha sempre avuto il malsano gusto o la necessità di apparire al di sopra del proprio prossimo, ma causandone così fatali discapiti di ogni genere.
L'uomo che per natura avverte la necessità di dover apparire, con molta probabilità è un debole o un insicuro verso tutto ciò che gli gira attorno.

Questa riflessione non ha assolutamente nessuna velleità di voler essere una lezioncina di psicologia, ma piuttosto ha lo scopo di porre l’attenzione su alcune persone che vivono ovunque, con chiunque, fuorché nella grazia del Signore, nostro Dio.
Viene naturale pensare che gli uomini che ricorrono all’esibizione del proprio essere, di certo non devono aver mai aperto un libro sacro, un testo qualsiasi dove fossero citate le sacre parole del Vangelo, e dove, leggendole, si sarebbero certamente accorti che il Signore pone sempre le Sue più misericordiose attenzioni verso i più deboli.
Proprio verso le anime come loro, le più bisognose, esattamente come colui che vi scrive.

La società d’oggi ci impone dei modelli comportamentali che, per ironia della sorte, vanno totalmente contro corrente con tutto ciò che ci indicava Gesù Cristo, come l’ostentazione.
Mi viene a mente, ad esempio, l’orologio di marca, l’auto costosa, e migliaia di altre cose di cui, la sola spasmodica ricerca nel possederle, offende il Signore, ma senza le quali, nell’odierna società, si appare tutti poveri.
C’è stato un momento della mia vita in cui il non poter avere l’ultimo modello di vettura preferita, mi rendeva una persona frustrata; in assenza di essa, credevo che non ci fosse alcun senso uscir di casa o comunicare con il mio prossimo e, come chiunque vive di sole apparenze, credevo che tutti la pensassero proprio come me.
Un deprimente risultato.
Dopo il mio incontro con il Signore, e dopo aver affidato nelle Sue mani le sorti della mia vita, quest’ultima ha assunto uno scopo decisamente diverso.
Spesso il mio pensiero va alla consapevolezza che una persona dall’altro capo del mondo non abbia di che vivere o non possa nutrire i suoi figli; penso a tutta quella gente che prega giornalmente per il bene altrui, magari facendolo in silenzio dal più profondo della loro precarietà e senza alcuna certezza di vivere in uno buono stato di salute, o dovendo subire terribili angherie sociali.

Penso, ad esempio, ai Cristiani cinesi, come a tutti coloro che risiedono in paesi dove non esiste assolutamente nessuna forma di tolleranza verso un diverso credo religioso.
Basti immaginare ad una famiglia cristiana che vive in Iran o in Iraq: la sola cosa di cui hanno certezza è la Parola del Signore.
Dunque, ESSERE dovrebbe significare riconoscere se stesso nel prossimo, dunque: Amore.
Nella vita si può cadere, inciampare, ma l’importante è voltarsi e capire perché si è caduti, domandarsi se, inciampando, abbiamo danneggiato chi ci era accanto.
Non è affatto facile cambiare rotta, liberarsi dalle vecchie consuetudini, accogliere e fare un po di spazio nel proprio cuore agli altri, convertirsi veramente a diverse consuetudini, apparentemente, così tanto differenti dalle proprie.
Pensare per un attimo al disagio di quel povero disgraziato che, passandoti accanto, ti ha appena sfiorato, e magari trovare il coraggio e la forza di fermarsi, raggiungerlo e chiedergli se magari ha bisogno del tuo aiuto; essere qualcosa che finalmente non appaia più soltanto, ma sia.

Giuseppe

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